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LA RIFLESSIONE

Massimo Cacciari - “Il vino, legato a cibo, cultura, turismo e moda: le sole risorse dell’Italia”

A WineNews il filosofo italiano, nella conversazione su “Noè e Dioniso: l’origine del vino”. A Villa della Torre (Allegrini), parlando anche di Europa

“Il vino è uno dei grandi settori nei quali siamo all’avanguardia, e competitivi. E ci dobbiamo rendere conto che l’Italia è questo: cibo e vino, cultura, turismo, e dobbiamo mettere tutto questo a sistema. Anche perchè sono le sole risorse che abbiamo, in un Paese che tutte le altre se le è “mangiate”, un Paese che viene da 50 anni di “non politica” industriale, finanziaria ed economica, e quindi qualsiasi altra risorsa non c’è più. Le risorse di questo Paese sono questa straordinaria filiera agroalimentare che deve fare un tutt’uno con il turismo, tutt’uno con l’offerta culturale, e con la moda. Questo è il made in Italy”. Così, a WineNews, Massimo Cacciari, filosofo tra i più stimati in Italia, in passato impegnato anche in politica, come sindaco di Venezia, ma anche come europarlamentare e consigliere regionale, in Veneto. Secondo cui, appunto, tutto quello su cui l’Italia può, e deve puntare, davvero, è questo coacervo legato alla ricchezza del wine & food, che si sposa con la cultura, e con la bellezza. “Una bellezza che i produttori di vino, soprattutto negli ultimi anni, sono stati bravi a raccontare nel mondo, anche se per farlo meglio, servirebbe un’azione si sistema che anche in questo ambito, come in tanti altri in Italia, non c’è”.
Di certo, molti produttori, negli anni, hanno investito anche i progetti dedicati proprio alla cultura, al recupero e alla valorizzazione di monumenti. “Sono imprenditori intelligenti che hanno capito che la produzione di vino deve essere narrata, spiegata, che bisogna avere una filosofia del vino, come del cibo, come della moda. E bisogna narrarle queste eccellenze, non basta che ci siano: vanno presentate e raccontate a tutto il mondo. Alcuni dei produttori più intelligenti lo hanno capito e lo stanno facendo, ma ci deve essere una direzione, un “nocchiero” di questo processo, e tutto questo invece manca completamente”.
Come, del resto, nonostante l’agricoltura pesi per il 40% sul bilancio Ue, è mancata quasi completamente la discussione sui temi agricoli, in vista delle stesse elezioni europee del 26 maggio. “Non se ne è parlato, ma vi sembra che si stia parlando di politica industriale europea, di economia, di finanza, di interventi sociali? No, si sta parlando di europeismo in termini del tutto generale, e dall’altra parte dei “dementi” parlano di sovranismi e nazionalismi. Si sta discutendo in termini totalmente generici d’Europa. Per carità, “primum vivere”, quindi speriamo che l’Europa sopravviva, poi vedremo, che succederà. Dall’altra parte, ci sono nostalgie reazionarie, sulla possibilità di tornare a chissà quale sovranità nazionale, che non esiste più da 40 anni. Quindi di cosa si è parlato? Di niente, al centro non c’è stata l’Europa con i suoi problemi e le sue prospettive. Per quanto l’agroindustria, è gravissimo, tanto più per noi italiani. Se si fosse ben discusso di questo, ed i nostri governanti con i loro “soci” di altri Paesi, soprattutto dell’Est Europa, avessero parlato di questo, e di come distribuirsi le risorse, già sarebbe stato qualcosa, e invece, niente. Almeno avrebbero fatto i nazionalisti davvero, e ora invece c’è il rischio che ci sia l’assalto alla diligenza di questi nazionalismi dell’Est europeo, con la possibilità, per il nostro Paese, di vedere le proprie risorse drasticamente ridotte”.
Riflessioni sull’oggi del vino, e sul domani dell’Europa, quelle di Massimo Cacciari, che arrivano a seguito della conversazione su “Noè e Dioniso: l’origine del vino”, che ha preso spunto, dai passaggi dell’“Encomio del vino”, uno dei più antichi libri sul vino, firmato da Michele Psello, erudito della Bisanzio dell’undicesimo secolo (Laus vini, ripubblicato con introduzione, traduzione e note a cura di Lucio Coco per le raffinate pagine di Leo S.Olschki Editore, pp. 25, Euro 5). Testo che offre tanti spunti, perchè, scriveva Psello, “in pace è un contributo, in guerra è un alleato: niente senza il vino, né feste nuziali, né Banchetti, né conviti, né divertimenti, né svaghi. Ciò infatti che è il sale per i cibi il vino lo è per il sale stesso e per gli altri alimenti”. “Il vino “rallegra il cuore, incita alla gratitudine, muove al canto, genera commozione e richiama le lacrime che rendono propizio Dio, fornisce delle opportunità anche con i nemici”.
Ma a chi dobbiamo dire grazie, per il vino, più a Dioniso, o a Noè? “A tutti a due, a seconda della tradizione, per noi ovviamente è più facile Dioniso, Bacco, perchè Noè non viene spesso associato del vino (sebbene, secondo la cultura ebraica, sia stato uno dei primi a coltivare la vite ed a produrre vino, ndr). E, a proposito di Psello, lui vede il vino vede il vino in modo molto pacificante, è un elogio del vino che rende felici, e consola, e poi c’è questa immagine biblica, dove la vite è spesso associata a Gesù e ai suoi discepoli, fino a Giovanni, dove il Signore viene indicato come vignaiolo. Psello riprende tutto questo, ma non si interroga minimamente, almeno nell’Elogio, sul tema “dionisiaco” vero e proprio, che, nell’Antica Grecia, era collegato al culto di Dioniso e alla tragedia”.
Un vino che consola e pacifica, dunque, nella visione di Psello. Ma in questa epoca, in cui le divisioni legate alle religioni sono tornate a farsi sentire in maniera importante, neanche il più nobile frutto della vite e del lavoro dell’uomo, nonostante tutto, sembra poter riunire le cose. “Per niente, perchè ci sono religioni che lo rifiutano tassativamente. Certo nella nostra civiltà, il simposio, di cui il vino è elemento centrale, svolge un’importantissima funzione nel creare l’humus per l’amicizia, per una discussione franca e nello stesso tempo amichevole. E in questo senso, il vino è l’elemento fondamentale del simposio, come si intende nell’Antica Grecia, dove degli amici si riunivano, per discutere, anche attraverso l’effetto del vino - ma con moderazione, senza arrivare all’ubriachezza - le grandi questioni, come nel simposio platonico. Il vino ha questa grande funzione culturale e sociale nella nostra cultura, ma non in altre, in cui è addirittura proibito, come in quella Islamica, almeno secondo l’ortodossia sunnita e sciita, mentre il quella ebraica è consentito, ma deve essere fatto in un certo modo e, in qualche maniera, “santificato””.
Riflessioni e spunti arrivati dal cuore della Valpolicella, e da uno dei suoi monumenti più belli, la rinascimentale Villa della Torre, rinata come centro che celebra il legame tra vino e cultura, nei dieci anni di proprietà della griffe Allegrini, uno dei nomi più importanti dell’Amarone, sede di rappresentanza dell’azienda e luogo aperto e visitatissimo (20.000 persone solo nel 2018), che proprio con il filosofo Massimo Cacciari ha celebrato il primo di una serie di incontri pensanti per festeggiare l’anniversario n. 10 di un progetto culturale che, tra i giardini e le stanze della storica Villa della Torre a Fumane in Valpolicella (disegnata nel Cinquecento da Giulio Romano e Michele Sanmicheli), negli anni, ha già ospitato alcuni dei più importanti nomi del mondo dell’arte e non solo, dagli storici Peter Burke, Mathieu Arnoux e Adriano Prosperi ai critici e storici dell’arte Salvatore Settis, Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi, al filosofo Giulio Giorello.

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