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SALUTE

Neanche la pandemia frena i consumi di alcol a rischio, che riguardano 8,6 milioni di italiani

I dati sull’abuso di alcolici al centro della “Conferenza Nazionale Alcol”, promossa dal Ministero della Salute
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Il consumo di alcolici tra i giovani

Dall’inizio del 2020 la pandemia da Covid ha cambiato in tutto il mondo il modo di vivere, le abitudini, i comportamenti e gli stili di vita, e se l’isolamento fisico e i lockdown hanno rappresentato misure di salute pubblica essenziali, l’impatto sulla vita quotidiana e sui livelli di benessere psico-fisico è stato e continua a essere di notevole importanza. La distanza imposta nelle relazioni sociali, le improvvise difficoltà lavorative, economiche e sociali e, non ultimo, al default del sistema di prevenzione e cura, con chiusure e limitazioni all’accesso alle strutture sanitarie - soprattutto per il settore salute mentale e dipendenze - criticità estreme nella gestione e presa in carico dei disturbi da uso di alcol da parte dei servizi del Sistema Sanitario Nazionale. I comportamenti a rischio e l’abuso, infatti, come emerge dai dati presentati a “Informare, educare, curare: verso un modello partecipativo ed integrato dell’alcologia italiana”, la Conferenza Nazionale Alcol n. 2, promossa dal Ministero della Salute, in collaborazione con le Regioni, di scena a Roma oggi e domani, continuano ad essere un’emergenza, e neanche la pandemia ne ha frenato la crescita.

Nel 2020 in Italia oltre 8,6 milioni di persone di età superiore a 11 anni (6 milioni di maschi e 2,6 milioni di femmine) hanno consumato alcol secondo modalità a maggior rischio: il 22,9% dei consumatori e il 9,4% delle consumatrici non si sono cioè attenuti alle indicazioni di salute pubblica. La fascia di popolazione più a rischio è quella dei ragazzi e delle ragazze di 16 e 17 anni (il 43,8% dei maschi ed il 40,5% delle femmine), seguita dagli anziani ultra 65enni: 750.000 11-17enni e 2,6 milioni di ultra 65enni sono da considerarsi a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate e target di popolazione più vulnerabili, per i quali l’Oms e la Commissione Europea raccomandano incisive azioni di prevenzione d’intervento volte a incrementare la health literacy , il grado di conoscenza e consapevolezza in merito ai numerosi rischi e ai danni che l’alcol causa alla salute.

È di particolare rilievo che tra le minorenni non si rilevi una differenza significativa osservata rispetto ai coetanei maschi, e che tra gli 11-15enni siano addirittura prevalenti le minori. La frequenza di consumo a rischio si mantiene sempre superiore tra i maschi per tutte le classi di età a eccezione dei minori, e la differenza di genere aumenta con l’età. I comportamenti a rischio di consumo di alcol nella popolazione giovanile non risparmiano neppure la fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni (che ha fatto peraltro registrare nella popolazione anche la più elevata frequenza di binge-drinkers) e il consumo di bevande alcoliche tra i giovani si palesa come criticità che impone inderogabili azioni ed interventi miranti ad un piano “alcol zero”, come recentemente richiesto anche dal Parlamento Europeo nell’adozione dell’European Beating Cancer Plan. L’analisi del trend mostra che, a fronte della diminuzione registrata negli ultimi 10 anni, nel corso dell’ultimo anno la prevalenza dei consumatori a rischio è aumentata sia per gli uomini (+6,6%) sia per le donne (+5,3%).

Nello stesso anno, nel Belpaese, 830.000 maggiorenni (555.000 maschi e 275.000 femmine) hanno consumato bevande alcoliche secondo modalità che implicano un danno all’organismo, tendenza in forte incremento rispetto ai 670.000 del 2019: la prevalenza dei consumatori dannosi è complessivamente aumentata in maniera statisticamente significativa del 27,6% nella popolazione maschile rispetto al 2019. Dall’analisi per classi di età, l’incremento delle frequenze è rilevato per entrambi i generi e per tutte le classi di età fatta eccezione per le donne anziane. L’andamento dei consumatori dannosi negli ultimi 10 anni è in aumento, dopo un relativo plateau raggiunto tra il 2012 e il 2018, anno dal quale il consumo dannoso è aumentato del 53,3% per gli uomini e del 37,5% per le donne.

Gli 830.000 consumatori dannosi rilevati sono a tutti gli effetti da considerarsi “in need for treatment” (richiedono un trattamento), pazienti da assimilare clinicamente ai soggetti alcoldipendenti ed essere presi in carico dai servizi territoriali per le dipendenze che hanno però registrato nel 2020 poco più di 64.000 utenti in carico, meno dell’8 % degli attesi, consolidando una rilevante disuguaglianza di salute che riporta ai livelli di 10 anni fa una grave condizione di dipendenza, esacerbata dalla pandemia che ha marginalizzato e stigmatizzato ulteriormente il 92 % di consumatori dannosi che ad oggi non hanno avuto accesso al trattamento in quanto non intercettati dalle strutture del Sistema Sanitario Nazionale.

Come è noto, non esistono livelli sicuri di consumo di alcol privi di rischio per la salute (solo a consumo zero si registra rischio zero) e i rischi aumentano all’aumentare del consumo in Unità Alcoliche (pari a 12 grammi alcol) e in relazione a diversi altri fattori. In Italia, il Crea - Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, ha aggiornato le linee guida per il consumo a più basso rischio, i limiti di consumo di qualunque bevanda alcolica da non superare per non incorrere in un incrementato rischio. In base a questi limiti l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Iss - Istituto Superiore di Sanità ha costruito l’indicatore di sintesi utilizzato dal Sisma - Sistema di Monitoraggio Alcol, armonizzato rispetto alle indicazioni Oms, condivise nel gruppo congiunto Isssia - Società Italiana di Alcologia e nei gruppi di lavoro internazionali. L’indicatore nasce dalla combinazione dei due principali comportamenti a rischio, ovvero il consumo abituale eccedentario quotidiano e il binge drinking.


Focus - La lotta all’abuso di alcol negli obiettivi 2030 dell’Oms

La riduzione dei Disturbi da Uso di Alcol rappresenta, insieme alla riduzione del 10 % del consumo pro-capite di alcol e della mortalità causata dall’alcol, un obiettivo centrale dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite finalizzata al raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs) che l’Oms riporta come ostacolati dall’interferenza di interessi economici che non favoriscono la promozione di politiche di salute pubbliche e minano i progressi verso il miglioramento atteso globale dello stato di salute e di benessere della popolazione tanto da richiedere il lancio di un nuovo Piano d’Azione Oms per l’accelerazione della nuova Strategia Globale Oms 2022-2025 rivolta alla riduzione del consumo dannoso di alcol.
E’ urgente la necessità di provvedere a opportune integrazioni del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-25 rivolte specificamente all’area trattamento, introdotta dal nuovo Piano d’Azione Oms in adozione a maggio da parte dell’Assemblea Mondiale di Sanità, valorizzando l’esperienza già attuata nei precedenti Piani di Prevenzione con la definizione e implementazione di un nuovo Piano Nazionale Alcol e Salute (Pnas) di riallineamento rispetto agli obiettivi SDGs ancora lontani e di quanto previsto dalla strategia in corso sulla prevenzione delle Non Communicable Diseases (NCDs).
In definitiva, un’occasione per un rinnovato impegno da parte di tutti gli operatori del settore nel contrasto del consumo dannoso di alcol, sanitari e non, e dei decisori politici per giungere ad assicurare adeguati e omogenei livelli d’intervento basati sulla ridefinizione dei servizi del SSN da rendere più accessibili e disponibili alla platea di quanti in necessità di trattamento, garantendo intercettazione, diagnosi, cura e riabilitazione basati su linee guida e standard omogenei sul territorio nazionale, contribuendo a diminuire le disuguaglianze di salute e i gradienti di salute tra Regioni.

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