Se non è una scoperta epocale, poco ci manca. Da un punto di vista archeologico lo è di sicuro, perché ciò che ha svelato il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Mario Iozzo, è destinato ad aprire un filone del tutto nuovo nell’analisi delle ceramiche dell’Antica Grecia. Tutto nasce, per quanto possa sembrare strano, da “un raggio di sole - come ha raccontato Iozzo al “Wall Street Journal” - che ha colpito il basamento di una coppa da vino, la mitica “Kýlix attica del Pittore di Edipo”, conservata nei Musei Vaticani a Roma, rivelandone qualcosa a cui nessuno aveva fatto caso prima, un’incisione, fatta con ogni probabilità dal vasaio, che spiegava al pittore il soggetto del suo lavoro”. Essenzialmente, degli appunti. E non è un caso isolato, perché altri reperti, custoditi nei Musei Archeologici di Monaco e Berlino, hanno rivelato la stessa peculiarità, nascosta dalla parte nera del vaso. Una scoperta che getta una luce diversa sul ruolo del vasaio: era lui a decidere cosa dipingere e come, anche quando si trattava di soggetti come uva e vino, suggerendo che tra i vasai più importanti ci fossero i depositari di enormi conoscenze, dei miti come della poesia e, soprattutto, della viticoltura, che se è stata capace di attraversare la Magna Grecia e “conquistare” Roma prima e l’Europa poi, è anche perché quei saperi sono stati tramandati, attraverso gli scritti, certo, ma anche le pitture, decisamente più intelligibili e comprensibili a popoli diversi. Le ricerche del dottor Mario Iozzo e del curatore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Maurizio Sannibale, saranno pubblicate per intero in luglio sull’“American Journal of Archaeology”, e chissà che non ci sia qualche altra rivelazione …
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