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ATTUALITÀ

Nel 2022 l’agricoltura ha vissuto il suo anno nero. Costi e clima fanno calare la produzione

Diminuita dello 0,7% in volume secondo il report Istat. 38,4 miliardi di euro il valore aggiunto del comparto in Italia, solo la Francia fa meglio
AGRICOLTURA, COSTI, ISTAT, Non Solo Vino
Cambiamenti climatici e costi più alti: il 2022 è stato difficile per l’agricoltura (ph: Jan Kopřiva su Unsplash)

Era previsto e così è stato. Nel 2022 la produzione dell’agricoltura si è ridotta dello 0,7% in volume. Scendono anche il valore aggiunto ai prezzi base (-1% in volume) e le unità di lavoro (-1,4%). A dirlo è il report Istat sulla stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura riferita al 2022. Superati gli effetti della crisi pandemica, c’è il pieno recupero delle attività secondarie e dei servizi ma la ripresa è frenata dal sostenuto rialzo dei prezzi degli input e dalla siccità. Notevole l’incremento dei prezzi dei prodotti venduti (+19,1%) e ancora più rilevante quello dei prezzi dei prodotti impiegati (+23,6%). In calo la produzione di olio (-17%) e cereali (-10,4%) mentre l’annata è favorevole per frutta (+6,8%) e florovivaismo (+1,1%), stabile, invece, il settore zootecnico. In questo scenario il vino soffre meno di altri, mantenendo gli stessi livelli quantitativi del 2021 (+0,1%) ma deve comunque fare i conti con un incremento dei costi di produzione del 6,6%.
Ammonta invece a 38,4 miliardi di euro il valore aggiunto dell’agricoltura in Italia, al secondo posto nella Ue27 dopo la Francia (43,5 miliardi di euro) e prima di Germania (30,9 miliardi) e Spagna (28,5 miliardi). Tocca la cifra di 221,2 miliardi quella relativa al valore aggiunto in euro dell’agricoltura per tutta l’Ue27 mentre segna un +13,7% la variazione dell’indicatore di reddito agricolo per l’Italia, valore in linea con la media Ue a 27 (+13,1%).
La forte instabilità dei mercati internazionali delle materie prime agricole e dei prodotti energetici, che ha caratterizzato l’ultima parte del 2021 e che si è amplificata nel corso del 2022 anche per l’effetto dirompente del conflitto russo-ucraino, ha innescato un consistente rialzo dei prezzi con ricadute particolarmente pesanti sui costi di produzione. Inoltre, sottolinea il report Istat, il fattore climatico ha segnato l’andamento del settore soprattutto per la siccità, fenomeno che ha contraddistinto l’intera annata influendo su volumi e qualità di molte colture.
La diminuzione complessiva delle unità di lavoro, invece, è stimata all’1,4%, a sintesi di una netta flessione dei lavoratori indipendenti (-2,3%) e di un lieve incremento di quelli dipendenti (+0,3%). I contributi alla produzione ricevuti dal settore sono aumentati del 2%, il reddito dei fattori è cresciuto del 15,6% in valore e, conseguentemente, l’indicatore di reddito agricolo ha evidenziato un aumento del 13,7%. Di certo il 2022 non è stato un anno positivo per le coltivazioni (-2,2% in volume), gli eventi climatici hanno condizionato le produzioni, con basse temperature primaverili, eccezionali ondate di calore nel periodo estivo e pressoché totale assenza di precipitazioni e un clima caldo e asciutto che si è protratto per gran parte dell’anno in molte aree del Paese. Una situazione non semplice per le aziende. Nel 2022 sono sparite, aveva sottolineato nei giorni scorsi Coldiretti, ben 3.363. L’aumento dei costi e del cambiamento climatico che ha decimato i raccolti sono cause che hanno pesato in misura maggiore.
“Le imprese agricole - precisa la Coldiretti - sono state infatti costrette ad assorbire gran parte dell’aumento dei costi come dimostra il fatto che l’inflazione media per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche è salita del 9,1% nel 2022
. La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.

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