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Nel futuro di Eataly c’è così tanta America che “poiché la consideriamo secondo mercato “domestico” dopo l’Italia, con Joe e Lidia Bastianich e Mario Batali stiamo pensando di fare un’unica azienda Stati Uniti-Italia”. Così Oscar Farinetti a WineNews

Non Solo Vino
Oscar Farinetti, patron di Eataly

Eataly, senza dubbio, è ormai una realtà consolidata in Italia e nel mondo, ma anche un format in continua crescita ed evoluzione: qualcosa bolle sempre in pentola. Cosa c’è nel suo futuro? “Tanta America, tanti Stati Uniti, perché siamo stati accolti così bene dagli americani da riuscire a vendere le nostre eccellenze come in Italia. Ormai abbiamo convinto gli americani a mangiare italiano: non siamo solo pizza, pasta e mandolino, ma siamo anche merluzzo, polenta e sarde al beccafico”. E, soprattutto “perché Italia e Usa sono ormai due mercati “domestici”, i principali, e due sedi. Poi c’è il resto del mondo”. Tanto che “noi stiamo pensando di riunirci e fare insieme un’unica azienda, Stati Uniti e Italia”, con “noi” che sta per Eataly Italia, Joe e Lidia Bastianich, Mario Batali, e con Nicola Farinetti, ceo di Eataly Usa. Ecco dove guarda fisso Oscar Farinetti, come racconta a WineNews il patron della catena mondiale dedicata al made in Italy di qualità, tra i più carismatici imprenditori in Italia e nel mondo. Del resto, Eataly “Downtown”, il mega store dedicato alla pace, al World Trade Center di Manhattan, nel cuore di Ground Zero, secondo a New York dopo ìl Ny Flatiron sulla Fifth Avenue, in appena un mese “è già un successo”. Va da sé che “a novembre apriamo al Prudential Center a Boston e lo dedichiamo al pesce, “Fishmarman”. E poi Los Angeles, e poi Las Vegas”.

“Eataly, lo è già, ma può diventare sempre di più la testa d’ariete per le eccellenze italiane e siamo contenti che tanti altri italiani stanno facendo altre cose nel mondo”, dice Farinetti. Ma quali sono i Paesi con le maggiori potenzialità? “L’Europa, dove abbiamo aperto a Monaco di Baviera, e quest’anno a Copenghen, dedicando il 2017-2018 a Londra, nel momento in cui loro escono ma io invece credo molto all’Europa, e Parigi, in joint venture con Galeries Lafayette (al 52%) per non far torto a nessuno e umilmente di fronte al popolo europeo più competente ma sciovinista, e sperando che tra i mercati “domestici” possa rientrare un giorno anche il Vecchio Continente”.

Delle nuove aperture in Italia, c’è “Eataly a Trieste, di cui abbiamo finalmente la data, il 29 novembre, dedicato ai “Venti” italiani per cui ho chiesto all’amico Sergio Staino di disegnarmi quattro grandi tavole ispirate a bora, libeccio, mestrale e tramontana. A Verona, speriamo il invece di aprire il prossimo anno. Continuando ad investire tutto quello che guadagnamo e che è la metà del fatturato, perché l’altra la destiniamo ad attività di servizio pubblico, per noi molto importanti, come l’educazione alimentare dei bambini ed i 1.000 Orti in Africa (nel progetto di Slow Food 10.000 Orti in Africa, ndr). Quindi, aggiungiamo noi, il “progetto della vita”, Fico Eataly World - Fabbrica Italiana Contadina, la “Disneyland del cibo” che aprirà i battenti a Bologna, a fine settembre 2017. E, infine, quello a cui tutto ruota attorno: la quotazione in Borsa di Eataly, con tempistiche ancora indefinite, ma obbiettivo sicuro, a cavallo tra 2017-2018, perché, dice da tempo il Patron, l’unica azienda globale italiana del food di alta qualità è giusto che sia anche in parte degli italiani.

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