In attesa di un 2023 per il quale gli organismi internazionali, dal Fondo Monetario Internazionale all’Ocse, passando per la Commissione Europea, sono concordi nel prevedere un rallentamento della crescita rispetto all’anno in corso, i dati dell’Osservatorio Federvini, curato da Nomisma e TradeLab, evidenziano un nuovo record per l’export agroalimentare italiano, che dovrebbe superare i 59 miliardi di euro a fine anno (+16% sul 2021), trainato anche dalle vendite oltre frontiera di vini, spiriti e aceti. Secondo i dati sull’export dell’Osservatorio Federvini (Nomisma), per il vino si prevede il record di 8 miliardi di euro (+12% rispetto all’anno precedente), così come per gli spirits (1,7 miliardi di euro). Buono anche il risultato per gli aceti, in particolare balsamici, che vedono chiudere l’anno con una crescita delle esportazioni (a valore) del 15%.
Tre i fattori che hanno contribuito alla crescita ci sono l’andamento del cambio euro-dollaro, che ha permesso di compensare gli aumenti dei costi di produzione e recuperare competitività sui mercati legati al dollaro come Usa e Canada, la ripresa del turismo a livello globale, che ha dato impulso ai consumi di vini e spiriti nel canale Horeca; gli arrivi dei turisti internazionali, che a fine agosto hanno superato i 35 milioni (+125% rispetto allo stesso periodo del 2021); la diversificazione dei mercati, come strategia adottata da molte aziende che guardano ai Paesi emergenti come Thailandia e Vietnam, dove, nei primi 8 mesi 2022, il valore dell’export del vino è cresciuto rispettivamente del 158% e del 82%. Dieci anni fa, i mercati dell’Unione Europea pesavano per circa il 57% sul valore dell’export, dopo la Brexit nel 2021, si è arrivati al 39%. Questo scenario ha determinato un diverso approccio ai mercati di destinazione e ha sollecitato un allargamento degli spazi commerciali da presidiare verso nuove realtà emergenti: ad esempio oggi l’Asia pesa per il 7% sull’export complessivo di vino italiano.
Il mercato degli Spirits ha mantenuto salda la leadership nel mercato statunitense dove registra un aumento a valore del +23%, tuttavia la dipendenza dai primi 5 mercati è diminuita nel corso del tempo: se nel 2011 la concentrazione dell’export per la categoria nei top mercati di sbocco era pari al 65,8%, dieci anni dopo è diminuita al 58,3% per calare ancora al 53,7% nel 2022.
Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, con la crescita del mercato dei consumi fuori casa registrata nei primi 9 mesi del 2022, anche il consumo fuori casa di vini e spiriti torna a crescere (+38%), generando 1,1 miliardi di consumazioni, valore destinato ad aumentare fino a 1,5 miliardi con la chiusura dell’anno. Le performance migliori appartengono ai canali di consumo serali, che nel 2021 più di altri avevano sofferto le chiusure dovute alla pandemia. Tra queste spiccano le categorie come gli spiriti lisci +152% e i cocktail alcolici +40%. Altrettanto positivi ma leggermente inferiori, sono invece le categorie che trovano il loro sbocco principale nella ristorazione, un canale che aveva già mostrato recuperi importanti da maggio 2021: +34% per gli amari e dopo pasto, +30% per il vino e +31% per le bollicine.
Da parte degli operatori del settore c’è grande aspettativa per il mese di dicembre, durante il quale gli Italiani torneranno alla convivialità in virtù delle festività natalizie e di fine anno. Questo lascia ipotizzare, malgrado il difficile contesto macroeconomico, che il mercato del fuori casa possa chiudere il 2022 raggiungendo i 90 miliardi di euro (+38% verso 2021; +6% verso 2019). Il vino emerge ancora come uno dei prodotti più regalati ad amici e parenti (circa il 36% degli italiani), ed anche per il Natale 2022 sulle tavole non mancherà lo spumante, ritenuto immancabile per il 45% degli intervistati, con il Prosecco a farla da padrone soprattutto tra i consumatori più giovani (gen Z e Millennials), seguito dai rossi del Sud come Primitivo di Manduria e Montepulciano d’Abruzzo (18%) e dai bianchi dell’Alto Adige (8%), quest’ultimi preferiti soprattutto dai Baby Boomers.
Nello scenario attuale, la grande distribuzione sembra risentire maggiori difficoltà. L’inflazione, mai cosi alta dagli anni Ottanta, ha spinto i consumatori a cambiare le proprie abitudini di spesa adottando strategie volte al risparmio. Nel periodo gennaio-settembre 2022, ci sono stati leggeri segnali di ripresa rispetto al 2021 ma le vendite restano ancora con il segno meno. E, infatti, le vendite del vino in Gdo registrano, nei primi 9 mesi 2022, una flessione pari a -3,5%, con i vini fermi e i frizzanti che rappresentano quasi l’80% delle vendite sul totale delle vendite a valore nella Gdo. Seppur meno del vino, il trend in rallentamento interessa anche le vendite di spirits, che nei primi 9 mesi del 2022 fanno registrare un -1,8% sullo stesso periodo del 2021. Distillati e acquaviti raggiungono circa il 45% delle vendite sul totale a valore. Nello stesso periodo anche gli aceti fanno registrare un lieve calo sul 2021 (-1,4%), mentre la categoria dell’aceto balsamico prosegue la sua crescita in termini di vendita per valori con un più 1,6%.
“I dati sulle performance del nostro export evidenziano l’importanza della diversificazione dei mercati. Tale strategia può essere coadiuvata da un lato dalla leva promozionale e dall’altro da una maggiore proattività dell’Unione Europea nel concludere ulteriori accordi di libero scambio con i paesi extra-Ue. È evidente che ci muoviamo in uno scenario complicato ed in continua evoluzione, non si escludono rallentamenti economici nel 2023 che dovrebbero interessare alcuni mercati europei come l’Italia e la Germania” , commenta Micaela Pallini, presidente Federvini.
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