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Panorama / Economy

Un autoctono per battere gli stranieri. Consumi in caloi e concorrenza estera mettono in crisi i viticoltori. Che devono reagire con i vitigni nazionali. Parola di Gianni Zonin ...
Un brindisi amaro, in vista della 39 edizione della grande kermesse veronese del Vinitaly, in programma dal 7 al 11 aprile. Il mondo del vino infatti si interroga di fronte alle difficoltà che affliggono il mercato vinicolo nazionale, messe a nudo dall’annuale indagine di settore dell’ufficio studio di Mediobanca. Nel 2004, nonostante il giro di affari complessivo delle aziende del settore abbia retto i contraccolpi della concorrenza internazionale, attestandosi a quota 9,1 miliardi di euro (+ 0,2% sul 2003), il rallentamento c’è stato. Eccome. Soprattutto sul fronte degli investimenti, che hanno subito un crollo del 27% passando da 235 a 171 milioni di euro.
Un dettaglio non da poco, insomma, se si considera che si tratta di uno dei pochi indicatori economici in grado di testare il livello di fiducia degli operatori in un determinato segmento produttivo. “Il mercato registra da sempre andamenti ciclici” ha dichiaro a Economy Gianni Zonin, uno dei più importanti viticoltori italiani, a capo dell’omonimo gruppo di famiglia, che ha chiuso il 2004 con ricavi pari a 76 milioni di euro (-5% sul 2003). “Stavolta, però, ci troviamo di fronte a una flessione più acuta. Si tratta, insomma, di una crisi strutturale, che ha poco (o nulla) di contingente”.

Consumi giù e competitività in calo

La sovrapproduzione a livello mondiale, la drastica caduta dei consumi interni e la minore competitività delle etichette italiane sui mercati internazionali sarebbero i principali imputati per questo stallo. “Siamo di fronte a un’offensiva massiccia da parte dei Paesi emergenti” prosegue Zonin, che occupa anche la poltrona di presidente della Banca Popolare di Vicenza, “ma una via d’uscita c’è: dopo aver raggiunto a livello mondiale il primato qualitativo, oltre a quello quantitativo, abbiamo il dovere di valorizzare al massimo le nostre migliori identità vitvinicole”. La parola d’ordine, dunque, è “vitigni autoctoni”. E in casa Zonin il piano d’azione è già stato approntato: sui 1.800 ettari di terreni coltivati a vigneti, sono già 1050 quelli autoctoni. Una ricetta, quest’ultima, che potrebbe essere condivisa da buona parte dei produttori italiani. A patto, però, che si torni a investire. Le risorse, sempre secondo Mediobanca, ci sono. Anche perché la struttura finanziaria delle società è solida: il patrimonio netto delle 71 imprese esaminate copre il 48% del capitale investito. E sarà proprio la competitività del sistema vitivinicolo italiano uno degli argomenti “caldi” del Vinitaly.
“Alla manifestazione saranno presenti oltre 4.200 espositori da più di 30 Paesi” spiega Luigi Castelletti, presidente di Veronafiere, che sta operando da tempo col marchio Vinitaly sui mercati esteri attraverso l’organizzazione di omonime fiere nei principali mercati esteri, consolidati ed emergenti, “è inevitabile che il tema del mercato venga affrontato. Anzi, credo che quello sarà un importante momento di confronto. L’obiettivo è ingranare la marcia giusta. Per ripartire al più presto”.

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