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Panorama / Economy

C’è un fiume carsico. Di Prosecco ... Il vino è nato nel paese di Prosecco, in provincia di Trieste. Ma ha trovato a Valdobbiadene e a Conegliano la sue capitali commerciali. Ora un decreto del ministro dell’Agricoltura Zaia rischia di mettere a rischio un business da 57 milioni di bottiglie... Guerre delle bollicine. Friuli contro Veneto... “Sì, abbiamo dato mandato a uno studio legale di Roma di fare ricorso al Tar del Lazio contro il decreto Zaia. È stata una scelta difficile, ma qui non vediamo alcun beneficio, solo il fallimento della politica”. A Franc Fabec e a tutti gli agricoltori del Carso, il decreto del ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, che ha allargato i confini del Prosecco da Conegliano e Valdobbiadene fino alla provincia di Trieste, proprio non va giù. Il ricorso verrà presentato prima del 12 novembre, termine ultimo fissato dalla norma, e rischia di far saltare la denominazione “allargata” del Prosecco e mettere a rischio un giro d’affari planetario che sfiora gli 800 milioni di euro l’anno. “Un danno inimmaginabile” commenta Franco Adami, presidente del Consorzio del Prosecco di Conegliano e di Valdobbiadene. “Qui può sorgere il distretto spumantistico più grande del mondo. Quali danni può arrecare ai produttori del Carso il disciplinare del Prosecco Doc?”. La bagarre tra Veneto e Friuli è esplosa subito dopo la pubblicazione del decreto che ha istituito la denominazione d’origine del Prosecco. Certo, i veneti di Conegliano e Valdobbiadene ne avrebbero fatto volentieri a meno, anche perché il decreto ha promosso a Docg il loro Prosecco, ma per poter fregiarsi dell’appellativo Prosecco le bollicine venete avevano bisogno di certificare la zona di origine. Che non sta in Veneto, ma nel Friuli. A Prosecco, in provincia di Trieste, per la precisione. Qui sui costoni carsici che si affacciano sull’Adriatico è nato il Prosecco. Da duemila anni si coltiva la Glera e fino al 1950 c’erano 1.500 ettari di vigneti. Oggi ne restano soltanto 300. È l’unica carta che possono giocarsi le 480 aziende agricole della zona (di cui 250 vitivinicole), schiacciate da una serie di vincoli comunitari che bloccano qualsiasi iniziativa. “In queste zone non c’è alcuna possibilità di sviluppo agricolo” sottolinea Fabec. “Il 75% del territorio potrebbe essere coltivato, ma la regione non ha mai approntato i piani. Il ministero si era impegnato a sbloccare la situazione, ma finora nulla: solo promesse”. L’elenco delle promesse non mantenute è più lungo: nessuna risposta al piano di sviluppo agricolo; la creazione di un centro di promozione del prosecco e di tutti i prodotti agricoli della zona, lasciando il cuore amministrativo delle bollicine a Conegliano e Valdobbiadene (una delle poche aperture concesse dal ministero dell’Agricoltura). Fabec vuole andare fino in fondo. La sua posizione e quella degli altri 480 agricoltori del Carso “non è un ricatto” dice “noi dal progetto del Prosecco Doc non trarremo alcun beneficio, non possiamo piantare neppure una barbatella di Glera. Abbassando il capo favoriremo ancora una volta chi fa festa con il nostro nome”. Adami scuote il capo. “Nei prossimi anni il mercato mondiale delle bollicine se lo spartiranno il Prosecco e lo Champagne” dice il numero uno del consorzio di Conegliano e Valdobbiadene: “I nostri produttori non possono soddisfare da soli la domanda mondiale di prosecco. È fondamentale estendere la denominazione a Veneto e Friuli; viceversa il Prosecco rischia l’estinzione”. Ogni anno da Conegliano e Valdobbiadene partono 57 milioni di bottiglie con le bollicine destinate a 40 Paesi. Un business alimentato da 3.800 viticoltori, quattro cooperative e 4.800 ettari vitati. Numeri che non bastano più, dicono i veneti. Il Prosecco potrebbe arrivare a 10 mila ettari e 80 milioni di bottiglie all’anno.

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