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Panorama / Economy

L’alimentare deve fare rotta sugli Usa ... L’evoluzione in atto nei confronti del cibo da parte dei consumatori statunitensi rappresenta oggi una chance da non perdere per l’alimentare italiano. Oggi cucinare in casa è diventato trendy e lo abbiamo visto persino nel film campione d’incassi “Julie&Julia” con Meryl Streep che fotografa perfettamente questo cambiamento. Allo stesso tempo è in corso un processo di “de-junking” della cucina americana: più di 35 milioni di americani consumano bio nelle sue diverse forme con un trend di crescita del 17% l’anno. Ciò si aggiunge al desiderio degli americani di mangiare bene, con grande attenzione al gusto degli alimenti. Per loro il cibo non è una funzione priva di valore, anzi, vi annettono una grande importanza, a ogni livello sociale. Desiderano, cercano qualità e gusto. Ma non li trovano facilmente o a un prezzo accessibile, tantomeno nella sconfinata provincia. Queste tendenze si incuneano in un popolo completamente digiuno di tradizioni e di cultura alimentare. Gli americani non hanno le prevenzioni e le barriere ideologiche di altri popoli, amano sperimentare e sono sempre aperti alle novità e al cambiamento. L’alimentare italiano ha l’opportunità di sfruttare questo atteggiamento a proprio vantaggio. Il tanto criticato “italian sounding” ha svolto il ruolo di mantenere vivo il brand Italia in un’America in cui la gran parte della popolazione non sa cosa sia l’Italia. Ed è su questo rumore di fondo che bisogna saper costruire un’immagine nuova per sfruttare un mercato sconfinato per i nostri prodotti. La cucina italiana è sana e perfetta dal punto di vista nutrizionale. È buona, è adatta a tutti e, soprattutto, è semplice da preparare perché basata sulla qualità di ingredienti che vuole rispettata. Oggi gli italiani devono occupare spazi di mercato come hanno saputo fare Citterio e Beretta nei salumi, con impianti produttivi in loco e un’elevatissima capacità distributiva. Devono formare i banconieri americani e lavorare sull’immagine come ha fatto Parmacotto con il suo icon store di New York. Devono saper adattare prodotti e marketing come ha fatto Zonin con il prosecco, che è diventato uno dei casi di maggiore successo del wine negli Usa, insieme a Bolla e a Folonari. Devono saper presidiare il canale horeca con prodotti unici e innovativi, come ha fatto Bindi con i dessert. È indispensabile liberarsi di una serie di stereotipi puristi e saper innovare in modo coerente con i gusti statunitensi. C’è uno spazio infinito per i prodotti per la gelateria italiana, nel caffè, nei formaggi che, escluso l’ottimo e capillare lavoro degli Auricchio, vedono poche iniziative. Senza uno sforzo sinergico tra gli operatori dell’alimentare italiano, con una sapiente e forte guida industriale, questo trend che ci favorisce potrebbe essere l’ennesima occasione sprecata. Ma l’industria alimentare italiana è matura per cogliere questa opportunità. L’America è una bella donna che ci sorride e ci invita, la sfida è solo nelle nostre mani!

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