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Panorama / Economy

Caro babbo, ora ci pensiamo noi ... Berlucchi, 50 anni nel 2011... L’ultima parola spetta sempre a lui, ma Franco Ziliani, “papà” del Franciacorta, ha progressivamente lasciato il timone dell’azienda ai tre figli. Che ora puntano su cantine green e vini biologici... L’anno prossimo le bollicine targate Franciacorta compiranno 50 anni. Lo sa bene Franco Ziliani che, nel 2011, di anni ne compirà 80 e che di mettere quell’etichetta sul vetro di una bottiglia a indicare una denominazione geografica ci ha pensato per primo. Ma l’età, si sa, non conta e il patron di Berlucchi, visceralmente legato alla Franciacorta, preferirebbe non consegnare lo scettro del potere. Infatti, all’azienda di Borgonato (Brescia) è attaccato come il primo giorno anche se il passaggio del testimone ai tre figli, Cristina, Paolo e Arturo, di fatto è già avvenuto. Ma l’ultima parola spetta ancora a lui. E proprio loro stanno traghettando l’azienda, la Guido Berlucchi & C, fondata nel 1955 da Ziliani, Guido Berlucchi e Giorgio Lanciani, che nonostante i tempi bui e gli agguerriti competitor gode di ottima salute: leader nel comparto spumanti metodo classico, con circa 85 ettari di vigneti in Franciacorta, più altri 500 di proprietà di viticoltori esterni con cui il gruppo ha contratti pluriennali e una quota di mercato del 26%, ha registrato un fatturato 2009 di 40 milioni di euro, in linea con l’anno precedente. E ha appena messo a segno un altro riconoscimento: il Franciacorta Satèn 2004 Palazzo Lana, capofila della nuova linea di millesimati, è risultato essere il miglior vino spumante d’Italia del Premio internazionale del vino 2010 Bibenda-Duemilavini. Il risultato di “un lavoro pionieristico” racconta Franco Ziliani, partito nel 1961 con il battesimo del Pinot di Franciacorta, méthode champenoise, che appose per la prima volta la Franciacorta, come nome geografico della zona, sull’etichetta di un vino. Oggi Berlucchi vende 4,7 milioni di bottiglie l’anno (di cui il 96% in Italia), il 65% destinato alla grande distribuzione e il resto all’Horeca (ristoranti, bar, caffè). Insomma, ogni sette secondi si stappa una bottiglia di Berlucchi. “Abbiamo spianato la strada del buon vino. Volevo offrire agli italiani un vino che avesse un rapporto corretto tra la qualità e il prezzo e ci sono riuscito” continua il patron. Così, negli anni a seguire sono partiti tanti altri imprenditori del vino e la Franciacorta si è accreditata per essere la regione dello spumante di maggior successo. Tanto che, a oggi, i produttori imbottigliatori riuniti nel Consorzio per la tutela del Franciacorta sono 101 e nel 2009 hanno messo sul mercato 9,4 milioni di bottiglie. Un numero ancora basso, considerando che il prosecco fa girare 60-70 milioni di bottiglie l’anno, mentre lo champagne circa 300. “Vorremmo che Berlucchi diventasse a tutti gli effetti sinonimo di Franciacorta, un nome che racconta un territorio” precisa la figlia Cristina, consigliere delegato comunicazione e relazioni esterne. Tanto che, per il prossimo anno, c’è un programma fitto di eventi, per far conoscere e dare smalto a una parte d’Italia che molti ancora ignorano. E anche se il contesto economico non è dei più facili, l’azienda continua a investire, superando negli ultimi cinque anni i 15 milioni di euro. Molti di questi soldi sono andati nel marketing: l’azienda, infatti, ha da poco lanciato il Franciacorta ’61 Berlucchi nelle versioni Brut e Rosé. “Si tratta di una linea dedicata ai giovani e dallo spirito innovativo, a cominciare dal packaging. È quello che abbiamo definito un prodotto anticrisi” racconta Cristina. Altro denaro, invece, è stato investito nella viticoltura di precisione (precision farming), ovvero nell’analisi delle immagini rilevate dall’aereo o dal satellite che registrano l’emissione multispettrale della vegetazione. Infine, il gruppo sta valutando, su un vigneto di 10 ettari, di produrre un nuovo vino biologico, mentre nel solco dell’ecologia c’è anche il progetto Itaca (Italian wine carbon calculator), una tecnologia italiana che calcola le emissioni di gas inquinanti in vigna. “Si tratta di una soluzione avanzata messa a punto dallo studio agronomico Sata” racconta Paolo Ziliani, consigliere delegato commerciale e marketing dell’azienda, “per calcolare le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra nel settore vitivinicolo e rispondere, quindi, alle nuove istanze di un consumatore sempre più attento alla correttezza ambientale delle cantine”. Per delle bollicine sempre più green.

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