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Panorama/economy

L’etilometro della discordia ora è un business da avvocati … “faremo un esposto alla magistratura contr l’etilometro. È uno strumento inaffidabile che minaccia l’industria del vino”. Costantino Charrere, valdostano, presidente di Fivi, la federazione dei vignaioli indipendenti italiani, è un fiume in piena. Ma se molte cantine sono a rischio chiusura (“un cliente su tre al ristorante non beve più, perché ha paura”), l’etilometro prima che uno strumento salva-vite sta diventando un vero e proprio business. “È incredibile, il telefono non smette di squillare” racconta quasi incredulo Maurizio Magini, direttore per l’Italia di NoiTest, azienda che produce e distribuisce etilometri. “Fino a qualche giorno fa non ci cercava quasi nessuno, adesso fatichiamo a stare dietro alle richieste”. I suoi sono dispositivi da pochi euro, che si tengono in tasca o nel portafoglio e misurano la quantità di alcol nel sangue attraverso la saliva. “Credo che ci sia molto pregiudizio in giro soprattutto da parte dei produttori di vino” dice il manager. “Io sono convinto che l’etilometro portatile permetta di bere con più consapevolezza, di controllarsi e di non mettere a rischio vita e patente”. Stretti nella morsa della crisi, i vignaioli hanno deciso di passare al contrattacco e lo faranno a cominciare dal Boroli Wine Forum di venerdì 26 novembre a Castiglione Falletto (Cuneo). “L’etilometro è solo un grande affare” prosegue Charrere. “Non fa prevenzione, ma crea solo confusione e non fa distinzione. La lotta all’abuso di alcol va fatta in altro modo. A cominciare dalla comunicazione troppo spesso manipolata”. E cita i dati Istat del 2009 secondo i quali solo il 3% degli incidenti stradali è stato causato dall’abuso di alcol. Che l’introduzione dell’alcol test nel nuovo codice della strada entrato in vigore la scorsa estate si sia rivelato un grande business, però è un fatto. Da un lato per i comuni che incasseranno i proventi delle sanzioni per la guida in stato di ebbrezza lieve con un tasso alcolico tra lo 0,5 e lo 0,8%, dall’altro per i produttori di etilonmetri, un’indistria che nemmeno esisteva qualche anno fa. Dal 14 novembre, infatti, 800 mila locali pubblici sono obbligati a mettere a disposizione dei propri clienti un etilometro che costa sui 300 euro e che tuttavia non ha valore legale perché meno sofisticato di quello usato dalle forze dell’ordine, che può costare fino a 7 mila euro. Un particolare non trascurabile secondo Fivi. “Ma queste sono argomentazioni che non vogliamo neppure ascoltare” dicono dalla Draeger, l’azienda che nel 2008 si è aggiudicata la gara indetta dalla Polizia per acquistare 790 misuratori del tasso alcolemico. “Sono solo speculazioni, gli alcol test sono una misura efficace per combattere il consumo di alcolici al volante. I nostri prodotti sono utilizzati in molti Paesi ei test sono assolutamente affidabili”. Charrere, però, non si arrende e cita a sostegno delle sue idee la ricerca di un pneumologo americano, Michael Hlastala, secondo cui “il test dell’etilometro si basa sull’assunto che la concentrazione di alcol nell’ultima porzione di aria espirata sia pari a quella presente negli alveoli polmonari e quindi in rapporto diretto con la quantità di alcol presente nel sangue, cosa che invece non corrisponde alla verità”. E poco importa, secondo lo scienziato, che proprio per ovviare a questo Draeger abbia studiato un tasso di conversione tra la concentrazione di alcol nell’alito e quella nel sangue. “Questa conversione nno ha senso”, rilancia Charrere. E adesso la parola passa alla magistratura.

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