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Panorama/economy

Farò brindare i cinesi ... Corrado Casoli, presidente del Giv, primo produttore italiano, archivia un anno in crescita malgrado il calo dei consumi. E si prepara alla prossima scommessa: l’Asia.... poco più di un anno fa l’acquisizione di Bolla, azienda di vini veronesi, dalla multinazionale statunitense Brown Forrnan. Poi sul finire del 2010 l’impegno a rilevare le Cantine Cavicchioli di San Prospero di Modena (25 milioni di fatturato e un centinaio di ettari di vigneti a Lambrusco), divenuto operativo a gennaio. Nel mezzo, l’accordo per distribuire in esclusiva in Italia il brand Carpené Malvolti. Infine, una rete di società commerciali e marketing in Paesi considerati strategici per l’export divino. E intanto ci si prepara all’apertura di una filiale anche in Cina. Protagonista di queste operazioni nel periodo più acuto della crisi e con un supporto finanziario di 60-70 milioni di euro è il Gruppo italiano vini (Giv), numero uno in Italia con un fatturato consolidato 2010 in crescita del 7,2% a 326 milioni, di cui 216 milioni (+6,4%) relativi alla capogruppo Giv. Valori che, come anticipa in questa intervista a Panorama Economy il presidente Corrado Casoli, evidenziano un anno di buona tenuta per il gruppo controllato dalle Cantine Riunite di Reggio Emilia. E tuttavia è lo stesso manager a prendere le distanze dalle dichiarazioni di chi ritiene che il peggio sia passato. Sostenendo, invece, che “la crescita dell’export è un dato di fatto in termini di volumi e valori, ma questo andamento non ha azzerato le criticità del settore”.

Presidente, che cos’è che la rende diffidente sulla ripresa?

La mia non è una riserva di maniera. Certo, i risultati del Gruppo italiano vini sono tutti preceduti da un segno più: i volumi hanno sfiorato i 110 milioni di bottiglie, in crescita del 20%; il fatturato consolidato è aumentato di 22 milioni a 326 milioni di euro; l’incidenza delle esportazioni ha fatto un ulteriore passo avanti, andando oltre il tetto del 70% sui valori totali.

E sul mercato domestico?

Presentano un segno positivo del 3%, in controtendenza rispetto all’andamento del Paese, stimato in ulteriore contrazione. Ed è proprio questo trend interno che mi induce a credere che la crisi si sarà pure attenuata, ma di qui a dire che è passata ce ne vuole.

I valori che lei enuncia comprendono le acquisizioni?

Certamente è così per quanto riguarda Bolla. Cavicchioli è entrato a fare parte del Giv solo dall’inizio di quest’anno. La stessa cosa vale per Carpené Malvolti, la cui distribuzione è cominciata nella primavera del 2010 e contestualizzata al solo mercato italiano. A proposito del quale si conferma primo mercato per il nostro gruppo con vendite pari a 57 milioni di euro, +3%. E questo grazie sia all’ampia disponibilità di marchi di proprietà presenti in più fasce di mercato (da Lamberti a Folonari, da Bigi a Fontana Candida, da Melini a Machiavelli, da Rapitalà a Castello Monaci e Terre degli Svevi), sia alla new entry Carpené Malvolti.

A proposito dell’azienda di Conegliano Veneto, qualcuno ha letto in questa partnership un approccio che potrebbe sfociare in vera e propria acquisizione.

Il nostro obiettivo era quello di puntare ad avere la disponibilità delle migliori bollicine di prosecco in circolazione. Di qui l’accordo commerciale con un grande brand del calibro di Carpené Malvolti, la cui migliore proprietà non può che essere la famiglia Carpené che è all’origine della storia stessa dello spumante classico made in Italy.

Da grandi, dove volete arrivare?

Noi del Giv siamo dell’avviso che è proprio in questi momenti di crisi che è possibile fare le scelte più appropriate per restare competitivi sul mercato. Va da sé che per fare questo bisogna conoscere bene ciò che si sta facendo ed evitare di fare passi più lunghi della gamba che possano mettere a repentaglio la stabilità dell’azienda.

Mi sta dicendo che avete investito in due anni dai 60 ai 70 milioni di euro per fare le acquisizioni senza fare debiti?

Sull’entità degli investimenti non intendo rispondere. Le dico solo che una buona parte dei finanziamenti è stata coperta con mezzi propri della capogruppo e della stessa proprietà, per l’altra parte abbiamo fatto ricorso al credito normale.

In totale qual è l’indebitamento del Giv?

Nel consuntivo 2010 siamo a 110 milioni, che non vuole dire soldi utilizzati per le acquisizioni, ma comprendono molte altre voci di spesa, compresa quella relativa all’apertura delle nuove società estere che rispondono all’esigenza di avere una presenza diretta nei principali mercati di esportazione. Nel 2010 abbiamo inaugurato tre sedi.

Dove?

In Germania, che con 28 milioni di euro di fatturato è, alla pari con gli Stati Uniti, il nostro secondo mercato per fatturato e primo per esportazione; nella Repubblica Ceca, che funge da piattaforma per i mercati dell’Est europeo; quindi in Gran Bretagna, l’unico mercato che nel 2010 ci ha dato qualche pensiero in più, per via che ci siamo sottratti alle pressanti richieste di tagliare i listini.

Qual è la logica che vi spinge a fare questi investimenti sui mercati esteri, anziché affidarvi a importatori locali?

Il controllo della distribuzione sta diventando un fattore chiave per un’azienda come la nostra che, appunto, esporta più del 70% della produzione. A queste realtà dovrebbe seguire a breve anche l’apertura di una sede in Cina, dove pur a fronte di nostre vendite ancora marginali, intorno al milione di euro, riteniamo di dovere fare questo passo. Diversamente non conosceremmo mai la dimensione né potremmo mai cogliere le potenzialità del mercato che il grande Paese certamente ha.

L’export sfiora il record storico... Il 2010 è stato un buon anno per l’export di vino italiano, con i volumi che sfioreranno i 20 milioni di ettolitri, nuovo picco storico rispetto ai 19,7 milioni dell’anno prima, e con i valori unitari in Crescita da 1,7 a 1,77 euro a litro. La conferma di questi numeri migliorerebbe il giro d’affari dell’export di circa mezzo miliardo a3,6 miliardi di euro (il record risale al 2008 con 3,75 miliardi): non poco in un anno in cui la crisi ha continuato a mietere vittime in tutti settori e a tutte le latitudini, In Italia, la domanda divino nel 2010 ha accusato l’ennesima riduzione, con un taglio tra il 2 e il 3%, pari a un dato assoluto di 26 milioni di ettolitri circa e a una media di consumo di 43 litri a testa.

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