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Panorama

A ciascuno il suo: la riscoperta dei vitigni locali ... E anche il vino diventò no global. Soprattutto per la riscoperta dei vini tipici, ovvero quelli che traggono caratteristiche e fama dallo stretto rapporto con il territorio e con i vitigni che hanno la propria origine solo in luoghi specifici. E’ il caso del Chianti Classico, che oggi torna a riaffermarsi dopo un periodo nell’ombra. Ma anche del Nero d’Avola, un tempo noto solo ai viticultori siciliani e oggi rosso “cult”, sul quale imprenditori lungimiranti come Gianni Zonin hanno investito milioni di euro, insieme a una quarantina di altre varietà su ben mille ettari in tutta la penisola. Dopo un paio di decenni nei quali l’Italia è invasa da vitigni internazionali di derivazione francese, come il cabernet o lo chardonnay, finalmente si assiste alla riscossa delle varietà nazionali. “Oggi molti imprenditori italiani vano all’estero ed esportano il nostro patrimonio viticolo” spiega Attilio Scienza, enologo e docente all’università Statale di Milano, “oppure valorizzano piante tipiche delle aree dove vanno a investire”. E’ la filosofia dei marchesi Antinori, tra i primi a credere nell’Ungheria, oppure di Sandro Boscaini, patron della Masi di Gargagnano, in Valpolicella, che ha investito in Argentina. Tra i pionieri del Caucaso, invece, Bruna Baroncini, con la Vernaccia di San Gimignano, che sta puntando sui vigneti di Kvareli, 80 chilometri da Tbilisi, dove il vitigno locale Saperavi dà ottimi risultati. Il successo dei vitigni italiani è tale che in Cina si è iniziato a produrre con metodi e piante italiani, con immaginabili preoccupazioni da parte dei nostri vignaioli. L’antidoto sembra essere proprio la riscossa del legame vino-territorio. “Occorre però educare gli appassionati e il mercato alla grande scelta di varietà” dice Christian Fabrizio, consulente vinicolo e ricercatore (www.autoctono.it). Attilio Scienza da anni sta raccogliendo vitigi autoctoni di tutte le regioni italiane che stanno scomparendo. “E’ il progetto Vinum loci, con il quale abbiamo già censito cinquecento varità” spiega. “Le reintrodurremo in produzione grazie alla collaborazione con le Città del vino”. Una rivoluzione che punta sulla tradizione, dunque, condivisa anche da Luigi Veronelli che, in concomitanza con il Vinitaly, tiene un forum sulla viticoltura e sulla produzione agroalimentare nel Centro sociale autogestito La Chimica. Confermando Verona capitale della promozione vinicola italiana. Anche alternativa. (arretrato del 17 aprile 2003 di "Panorama")

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