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Panorama

Sommelier o pasticcioni? Fenomeno wine bar: avvertimenti, indirizzi e istruzioni per l’uso ... Uno al mattino si sveglia e scopre che il bar tristanzuolo all’angolo, quello con le brioche congelate e la Gazzetta stropicciata, ha messo due bottiglie in vetrina e ha aggiunto la parola “wine” sull’insegna. Poi si scopre che le bottiglie restano a prendere polvere e sole ( che al vino fa malissimo) per mesi, mentre il barista continua a servire bitter e cappuccini convinto d’essere un grande sommelier incompreso. E se a qualcuno viene davvero in mente di chiedere un bicchiere gli viene servito vino anonimo, in calici sbagliati e con contorno di patatine che erano croccanti due mesi fa. Il fenomeno dei wine bar ha ormai dimensioni così imponenti da produrre decine di questi casi. Colpa anche della confusione terminologica: alzi la manno chi non conosce la differenza fra enoteca e osteria, wine bar e vineria. La giungla lessicale è fatta, non mancano cantine e cantinette, bistrot, taverne, fiaschetterie (in Toscana), mescite (sempre a Firenze e dintorni), crote (in Piemonte), vinoteche (in Alto Adige), enoshop, enoclub, enoiteche con al i in mezzo. Tante parole per dire una cosa sola ma anche la stessa parola per dire cose agli antipodi: l’Enoteca Pinchiorri di Firenze è un ristorante compassato da 200 euro a testa, l’Enoteca Fontana di Parma è una simpatica osteria dove con la stessa cifra ci si ubriaca per una settimana. E allora urge chiarezza.
Un locale può chiamarsi wine bar (o vineria) quando il vino è protagonista. La presenza di banchi gelato, videogiochi, televisori, ricevitorie del Lotto induce malinconia e voglia di andarsene. La macchina del caffè può esserci ma deve lavorare poco, altrimenti è una caffetteria. Avere tante bottiglie sugli scaffali non significa granchè: ci sono Esselunga con centinaia di etichette ma non sono wine bar. Le bottiglie che contano sono quelle disponibili alla mescita. Il Goccetto di via dei Banchi Vecchi 14 a Roma arriva a servire ogni sera 15 rossi e 15 bianchi. Uno dei primi wine bar italiani, il Godot di Cartoleria 12 a Bologna, propone sette bianchi, sette rossi, cinque vini dolci, un prosecco, uno champagne e due spumanti.
Ogni settimana si cambia, e via con altri vini, altri produttori, altri bouquet. Questi sono gli esempi da seguire se non si vogliono annoiare i sensi col solito muller thurgau servito 12 mesi l’anno. Wine bar di marca è il filone inaugurato dal frescobaldino di via della Condotta a Firenze, dove si degustano al bicchiere i grandi vini Frescobaldi e quelli dei soci californiani Mondavi. I veri wine bar coniugano grande assortimento e atmosfera conviviale da vecchia osteria: il Pane & Vino sul porto di Ischia ha tavolone unico dove sono nati affari, amicizie, amori. E i bicchieri? Leggendari quella della Bottega del vino di via Scudo di Francia 3 a Verona: con vetri così un buon valpolicella diventa strepitoso, e si dimenticano i wine bar della mutua coi bicchieri strettini.

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