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Panorama

Storie di vino - Degni figli di un signor vignaiolo. Continua la tradizione di una grande famiglia di produttori italiani ... Se dovessi scrivere l’epigrafe di Mario Schiopetto, uno dei sommi vignaioli italiani, scomparso l’anno scorso, mi limiterei a: “Inventò il Tocai”. Sappiamo tutti che è non è vero: quando lui alla fine degli anni Settanta ebbe i primi raccolti, ne bevevo di assai mediocre alla mensa aziendale della Rai. Ma Schietto ha trasformato la zucca in carrozza e Cenerentola nella principessa. Come tanti vini diffusi in versione volgare, dalla Barbera al Nero d’Avola, dal Montepulciano al Greco di Tufo, il Tocai aspettava qualcuno che lo facesse salire di rango.

Quarant’anmni fa è arrivato Mario Schiopetto ed è nata la favola. Oggi i figli hanno razionalizzato l’azienda: producevano 17 vini, ne sono rimasti otto: sei bianchi, due rossi, tutti di alta qualità. Comincio i miei assaggi sempre dal Tocai: solido, austero anche nella profumazione, infallibile come il pugno di ferro di un celebre amaro. Ma stavolta, nella mia personale ininfluente classifica, l’amato Tocai è stato superato per due volte da altri vini della casa.

Innanzitutto il Mario Schiopetto Bianco, che onora il fondatore. Questo uvaggio quasi paritario tra Chardonnay e Tocai mi ha fatto pensare all’emozione che gli amanti dell’opera provano al preludio del terz’atto di Traviata. Torna il motivo struggente del preludio iniziale (il Tocai) che dà carattere all’opera, ma la robusta integrazione di Chardonnay lo rende più forte e definitivo. Magnifico anche il Sauvignon, che soddisferà i molti amanti di vini profumati.

Una tacca sotto il Pinot bianco, più forte degli altri, ma ottimo per piatti che travalichino la stretta ortodossia degli abbinamenti. Il grande Mario Schiopetto ha avuto dunque la fortuna di lasciare l’eredità in ottime mani.

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