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Panorama

Fondi per nobili e ricchi. Ai contadini solo le briciole. Altro che aiuti ai lavoratori della terra. A ricevere aiuti dalla Ue sono soprattutto multinazionali e latifondisti. Come il principe Carlo ... E’ 20 volte contessa, 17 volte marchesa, 18 volte grande di Spagna. Con proprietà terriere pari a 20 mila ettari, è la terza latifondista del Paese. Eppure Maria del Rosario Cayetana Fitz James Stuart, nota ai più come duchessa d’Alba, è considerata una contadina bisognosa d’aiuto: rastrella la bellezza di 1.885.000 euro ogni anno sotto forma di fondi agricoli comunitari. Un caso isolato, un’aberrazione della politica agricola comune (Pac) della Ue? Macchè. La nobildonna è in titolata compagnia. La crociata lanciata da Tony Blair contro i sussidi all’agricoltura potrebbe sembrare un attacco ai piccoli contadini che sobbalzano sul trattore in Lombardia, si spaccano la schiena nelle vigne francesi o sudano nei campi di fragole della Spagna. Nulla di più sbagliato: gran parte dei contributi stanziati da Bruxelles per l’agricoltura finisce in tasche già ricche. E spesso aristocratiche.

Fra i miracolati ci sono grandi società come la Nestlè (che secondo il settimanale The Observer ha incassato oltre 43 milioni di euro negli ultimi due anni) e teste coronate come la regina d’Inghilterra, che per le sue terre nel 2004 ha ricevuto 793.982 euro. Tradotto in cifre, questo significa che il 70 per cento dei fondi della politica agricola comune va al 20 per cento delle aziende. In Spagna il paradosso è ancora più plateale. Il 76 per cento dei 6,5 miliardi di euro arrivati da Bruxelles finisce ai latifondisti, che rappresentano solo il 18 per cento dei coltivatori iberici.

A denunciarlo è il dettagliatissimo rapporto Golia contro Davide: chi vince e chi perde con la Pac in Spagna e nei paesi poveri redatto dall’Ong Intermòn Oxfam. Secondo gli ultimi dati disponibili, 303 imprese e grandi proprietari terrieri ricevono ogni anno non meno di 398 milioni di euro. Tra questi, i “magnifici sette” rastrellano 14,5 miliardi di euro. La stessa somma che si dividono 12.700 piccoli agricoltori. In altre parole, ogni giorno questi latifondisti ricevono 5.700 euro. A guidare la classifica dei beneficiari d’oro è il marchese Mora Figueroa Domecq: 3.600.000 euro. “La Pac stabilisce aiuti diretti proporzionali agli ettari coltivati, concentrando di fatto gli aiuti su chi ha meno bisogno” sferza la Intermòn Oxfam, che ricorda quanto sia difficile sapere chi riceve i fondi Pac. Problema che fino all’approvazione del Freedom of informaction Act (la legge sul libero accesso alle informazioni) ha avuto anche la Gran Bretagna. Per anni oltremanica l’aristocrazia terriera ha lottato per mantenere il segreto sull’entità dei contributi. Poi la pubblicazione delle liste. I contribuenti britannici hanno scoperto che, oltre alla regina, a godere della generosità di Bruxelles è il figlio Carlo. Per le sue terre in Cornovaglia il principe di Galles prende più della madre: 989.933 euro. Fra i beneficiati compare anche il duca di Westminster, il secondo uomo più ricco della Gran Bretagna, con un patrimonio stimato in 8 miliardi 144 milioni di euro. Lo scorso anno ha intascato anche la considerevole cifra di 652.214 euro. Nell’elenco anche il gigante inglese dello zucchero Tate & Lyle, che ha incassato dalla Ue 330 milioni di euro.

Particolarmente minacciati dall’invettiva del premier britannico sono però i francesi, che si aggiudicano la fetta più grossa degli aiuti: il 21 per cento, pari nel 2004, a circa 9,3 miliardi di euro. Il 65 per cento di questa somma finisce al 20 per cento delle aziende, tra le quali alcune appartenenti a nomi famosi come la famiglia Grimaldi di Monaco. L’ammontare medio degli aiuti percepito nel 2003 da un singolo agricoltore francese ha raggiunto quota 12.456 euro, contro i 4.757 della media dell’Unione. L’1 per cento delle aziende agricolo che godono di sovvenzioni comunitarie opera su superfici molto ampie e riceve oltre 100 mila euro l’anno. In Francia i grandissimi beneficiari della Pac sono soltanto 30, contro i 330 della Gran Bretagna. Anche in Italia lo squilibrio è evidente: nel 2002 meno di un quarto dei fondi è andato a oltre l’87 per cento delle aziende, che hanno incassato meno di 5 mila euro a testa. All’estremo opposto, 284 imprese hanno mietuto oltre 500 mila euro ciascuna. “A differenza di Francia, Spagna e Gran Bretagna, da noi ci sono per lo più piccoli produttori che coltivano massimo 10 ettari” spiega Roberto Fanfani, docente di economia agraria all’Università di Bologna. Pochi i colossi del business agricolo, ancor meno quelli dotati di blasone. “Chi ha conservato le tenute si è dedicato ai vigneti” commenta la marchesa Ginevra Bruti Liberati, che invece resiste producendo cereali biologici su circa 280 ettari nel suo castello a Sismano, in Umbria. “L’anno scorso dall’Ue abbiamo avuto 50 mila euro, ma fino a tre anni fa prendevamo il doppio. Ora a Bruxelles preferiscono finanziare i nuovi convertiti al credo bio. I costi però, non scendono neppure per noi che siamo troppo grandi per fare tutto da soli e troppo piccoli per cavarcela con tranquillità sul mercato”. Sempre in Italia, altri due possidenti di alto lignaggio nel 2003 hanno potuto contare su sostegni ben più cospicui: 500 mila euro i marchesi Antinori (vino) e poco meno il conte Onofrio Spagnoletti Zeuli (olio).

Ma le cose stanno cambiando. Quest’anno è entrata in vigore una riforma della politica agricola comune, che modifica il sistema di erogazione. “Pur mantenendo inalterate le sperequazioni” sottolinea Fanfani. In sostanza, i contribuiti non dipenderanno più dal tipo di produzione, ma verranno assegnati sulla media di quelli ricevuti negli anni precedenti. Questo vuol dire che l’agricoltore riceverà il sussidio e potrà anche non coltivare nulla. Il suo unico obbligo sarà di mantenere le terre in buono stato. “Durante le discussioni sulla nuova Pac si era proposto di inserire un tetto individuale massimo di 300 mila euro” precisa Fanfani “Invano. E’ mancato il coraggio di andare fino in fondo”. A sorpresa, uno dei nemici del plafond era proprio il premier inglese Tony Blair. “Gran Bretagna e Germania erano contrarie ad introdurre il limite” svela Corrado Pizio Broli, capo di gabinetto del padre della riforma, l’ex commissario europeo all’Agricoltura Franz Fischler. “Per far passare il nuovo regime abbiamo dovuto rinunciare a introdurre il tetto massimo. La questione però resta. E andrà affrontata”. (arretrato di "Panorama" del 21 luglio 2005)

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