02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Panorama

Montalcino, dove c'è Mozart tra le viti. Musica classica tra i filari, artisti della Transavanguardia che dipingono etichette, nobili famiglie che si votano al vino. Una comunità il cui tempo è scandito dallo stappare bottiglie di rosso. E si comincia alle 11 di mattina ... Montalcino è l'opposto di Leeds, la città inglese in cui sono nati o cresciuti i kamikaze musulmani del metro di Londra. Montalcino è un baluardo di civiltà, da questa cittadina toscana non verranno mai bombaroli orribilmente astemi: 230 aziende viticole su 5 mila abitanti vuol dire che qui tutti succhiano fin dalla pancia della madre. E chi ha imparato a bere vuole ribere, mica farsi saltare in aria. Tutti i montalcinesi (ma si dice anche ilcinesi) producono vino oppure lo vendono. Purtroppo nessuno lo regala: il Brunello dei nostri sogni, un Brunello di cui non si fa il nome perché sembrerebbe pubblicità smaccata, sugli scaffali di un'enoteca in piazza Garibaldi viaggia a 79 euro.
«Amo soltanto le rose che non colsi» dice il poeta. E in ossequio a Guido Gozzano, per continuare a bruciare di desiderio, il Brunello in questione lo si lascia lì sullo scaffale. Per vedere l'effetto che fa a Montalcino bisogna andarci con una marchesa Frescobaldi, il cui millenario casato possiede il maggior numero di ettari piantati a Sangiovese (l'uva da cui nasce il Brunello) dell'intera docg. Bisogna salire sulla torre di Castelgiocondo e sporgendosi fra un merlo e l'altro chiedere fin dove arriva la proprietà. Fino a quella collina? No, oltre. Il confine è quel corso d'acqua? No, è terra nostra anche dall'altra parte. L'effetto è oltremodo tranquillizzante, meglio di uno Xanax, meglio del ron ron di un gatto pigro.
A Castelgiocondo ci si sintonizza con l'eterno, si percepisce il rallentato fluire dei secoli, come un grande fiume quasi immobile, il tramandarsi di nomi e tradizioni da una generazione all'altra, il lento maturare del Brunello racchiuso nelle botti giù in cantina. La fretta non esiste a Montalcino.
Se non c'è una Frescobaldi a disposizione si può sempre recuperare una principessa Caracciolo (Castello Romitorio) o una marchesa Cinelli Colombini (casato Prime Donne) o una contessa Marone Cinzano (Argiano) che dal punto di vista araldico si colloca a un gradino leggermente inferiore ma è pur sempre uno dei 163 esponenti del clan Agnelli. Bisognerebbe essere dei dongiovanni, bisognerebbe esserlo ovunque ma a Montalcino più che altrove, piazza del Popolo è una scena di teatro all'italiana e da dietro una colonna sta per spuntare Leporello che senza dubbio canterà «Madamina, il catalogo è questo». Se don Giovanni potesse rinascere rinascerebbe qui, dove troverebbe molto pane per i suoi denti, a Montalcino «v'han contesse, baronesse/ marchesane, principesse» ma anche «contadine, cameriere, cittadine», perché si sa che don Giovanni sotto sotto è un democratico, un ecumenico. Questa o quella per lui pari sono. Avrebbe il suo bel daffare con Stella di Campalto, contessa-contadina, «occhi bellissimi da gatto» secondo Gelasio Gaetani Lovatelli d'Aragona, il principe del vino. La giovin nobildonna produce un Rosso (la versione giovane del Brunello) con metodi steineriani, ovvero biodinamici e mistici.
Può darsi che parli alle viti. Rudolf Steiner è il filosofo prediletto anche della moglie di Silvio Berlusconi, e se a questo si aggiunge che Stella di Campalto è avvenentissima, con figli bellissimi e marito ricchissimo (immobiliarista, come va di moda), ecco qui la Veronica Lario di Montalcino.
I viaggiatori del Novecento, da Piovene ad Arbasino, hanno parlato di spilorceria toscana ed effettivamente a Montalcino non spendono molto per l'asfalto. A parte le strade principali, è un gran polverone di strade bianche. Benedetta avarizia!
Nell'ultima frazione d'Emilia o di Puglia amano gettare tonnellate di catrame su viottoli che portano da nulla a nulla, qui per arrivare ad aziende blasonatissime che esportano in tutto il mondo bisogna superare un ottovolante di buche. Divina sprezzatura! Dolcissime voci femminili che ti spiegano il percorso per la loro fattoria, i tratturi come questi li chiamano «sterri». Incuranti della nostra auto urbana, ordinano perentorie: «Prendi lo sterro, vedrai che bello!». Si capisce che Montalcino è l'unico comune italiano dove si giustifichi l'acquisto di un cassone, il cosiddetto Suv, quel costoso macchinone alto da terra con quattro ruote motrici. Poi lo sterro è davvero bellissimo, un'esperienza da consigliare. A ogni curva una domanda e un brivido: dall'altra parte ci sarà un branco di cinghiali zannuti o una ridente valletta boscosa? Cinghiali, per la cronaca, neanche uno (pare si muovano solo di notte). Piuttosto vigne stupende e borghi intatti, in cima a cocuzzoli, come Sant'Angelo in Colle e Castelnuovo dell'Abate. Geometri e architetti in questa zona hanno fatto pochi danni, cioè hanno fatto poco. Non come in Maremma, un tiro di schioppo di là dall'Orcia, dove stanno sbarcando le grandi firme del cemento armato.
Mario Botta a Suvereto. Renzo Piano a Gavorrano. Gae Aulenti a Bibbona, la stessa Aulenti che ha rifatto piazzale Cadorna a Milano, così definito da Luca Doninelli nel suo ultimo libro invettiva: «Sudicie pensiline rattristate da bottegucce degne al massimo di una periferia mediorientale postbombardamento». La peculiare parsimonia montalcinese (ma si dice anche ilcinese) si tradurrà ancora una volta in saggia conservazione del territorio. In paese il massimo dell'omologazione è l'arredamento delle Logge, il secondo locale vinoso di piazza del Popolo (l'altro è la storica, stupenda Fiaschetteria italiana, tale e quale da quando l'ha fondata Ferruccio Biondi Santi nel 1888). Dentro le Logge ci sono le forme del vecchio happy hour alla milanese ma fuori, oh, fuori la musica cambia, i tavolini esterni sono piazzati in un luogo culto dell'Italia inimitabile eterna, appunto i loggiati rinascimentali. È qui che si fa colazione, magari alle 11, visto che a Montalcino si dorme magnificamente. Volete cominciare male la giornata con un volgare cappuccino? Con uno di quei caffellatte che certi turisti tedeschi (visti coi nostri occhi) ordinano alla trattoria Il Pozzo, a fine cena, come noi ordiniamo il grappino? Non sia mai. Alle 11, diciamo alle 11.30, ci si può lanciare in una colazione-aperitivo neanche troppo spericolata. Il cameriere sì che se ne intende e propone una colazione-degustazione: due mezzi bicchieri di Rosso di due aziende diverse, col cartellino circolare applicato allo stelo, così da poterli riconoscere e valutare. Montalcino è l'opposto di Leeds, quando si comincia a bere alle 11 del mattino poi non viene in mente di maneggiare esplosivi.
Viene voglia di farsi un giro di chiese per poi fare tappa al Paradiso di Fràssina dove c'è un vignaiolo che ha suscitato molta curiosità facendo ascoltare musica classica alle viti. Dice che crescono meglio. Sembra una barzelletta, non ci si crede fino a quando non lo si vede e non lo si sente. Casse acustiche a prova di grandine poste ai lati del vigneto e sui rami delle querce vicino alla cascina. È il set di un film (genere Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci)? È un sogno? È l'alcol che comincia a farsi sentire? Niente di tutto questo, è una cosa molto seria: il Cignozzi dice che la musica non solo sviluppa l'apparato radicale delle sue piante ma anche allontana i daini e gli uccelli ghiotti d'uva. Mozart e Vivaldi meglio degli spaventapasseri. È un esperimento scientifico seguito da fior di professori universitari oltre che un esempio dell'inesausto narcisismo del produttore montalcinese (ma si dice anche ilcinese). C'è Sandro Chia, famoso pittore-produttore, che disegna personalmente le etichette, per far dire ai maligni che il suo Brunello è più buono di quanto siano belle le sue bottiglie. C'è Gianna Neri che in etichetta ha messo il suo profilo, un nasino davvero perfetto e nessuno osi dire il contrario altrimenti lei gli lancia addosso Chicco, il fedele bracco italiano che però preferisce azzannare bistecche piuttosto che cristiani. La signora del Col di Lamo, ultima in ordine di tempo ma non di qualità dei 230 produttori montalcinesi, sulla mensola del camino ha messo una foto di Papa Benedetto XVI. Montalcino è l'opposto di Leeds, giova ripeterlo. Qui lo scontro di civiltà è una notizia dei telegiornali. Fra l'Orcia e l'Ombrone la vita scorre densa, lenta e liscia come un filo d'olio buono. Sarà perché in paese e nelle frazioni, nelle case e nelle osterie, non si fa altro che stappare bottiglie e affettare prosciutti (i saporiti prosciutti toscani), e questo rito perpetuo a base di vino e maiale tiene lontani i cattivi pensieri e i cattivi soggetti, una garanzia migliore di qualsiasi chiusura delle frontiere. (arretrato di "Panorama" del 25 luglio 2005)

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su