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Panorama

Amore e misteri ai tempi del vino … L’effetto narrativo è sempre efficacissimo quando uno “straniero” compare in una piccola città: con un incarico, col suo passato, con le inevitabili chiacchiere che semina sul suo cammino. Nico Orengo, in un romanzo svelto e raffinato, racconta di un sommelier parigino che arriva ad Alba per tenere alcune lezioni sul vino: che non è una semplice bevanda, ma un “insieme di sfumature”, un liquido dove si raggruma anche la storia. Daniel (così si chiama l’uomo destinato a mutare il corso di certi avvenimenti) va di collina in collina. Neive, Pertinace, Barbaresco, valle della Bormida, rive del Tanaro: c’è il Piemonte che si sbornia con la retorica del vino ma vede scolorarsi la propria identità. Così anche il paesaggio, deturpato da una sgangherata modernità. Orengo, acutamente, fa dire a un suo personaggio. “Da quando non c’è più fatica non c’è più memoria”. Il francese col naso buono (e di origine italiana) inevitabilmente è coinvolto in un groviglio familiare. E non se ne libera perché s’innamora di una donna che mischia in se solitudine e aggressività. In gioco, e messa in gioco, c’è una tenuta. Luogo di memoria, non solo mura e campi. Sarà un duello a decidere. Con armi insolite.

“Di viole e liquirizia”

di Nico Orengo

Einaudi

155 pagine, 15,50 euro

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