Panorama

Storie di vino. Tradizione rinnovata … I rossi fedeli dell’azienda Giacosa. Fa una certa impressione vedere la foto di quella bottiglia: Barbaresco, 1871. La storia della famiglia Giacosa comincia lì e nelle poche righe della didascalia si spiega che Bruno, l’attuale titolare, ha tre generazioni alle spalle. “Gran conoscitore dei vigneti di Langa, mette in pratica una semplice filosofia che si basa sul rispetto della tradizione sia in vigneto sia in cantina”. Già, ma nell’enologia moderna rifarsi alla tradizione non basta. Soprattutto quando si tratta un vino mobilissimo e complicato come il Barolo. Giacosa ne propone uno, il Falletto (75 euro in enoteca) che senza togliere nulla alla tradizione si avvia sicuro su quella strada di novità (maggiore morbidezza, allusioni intriganti) che ha contribuito molto a far risorgere il re dei vini da passaggi commercialmente opachi. La tradizione viene pienamente rispettata nello strepitoso Barbaresco 2001 di Santo Stefano di Neive (55 euro): abituato a inseguire vini d’ogni regione nelle loro sperimentazioni talvolta ardite, mi sono quasi commosso nell’assaggiare dopo tanto tempo un vino nei secoli fedele come questo. Da amante della buona Barbera ho trovato eccellente quella della tenuta Falletto (25 euro). Giacosa conosce i suoi vini meglio di me, come è ovvio, ma resto perplesso quando definisce questo vitigno rappresentativo del “carattere rude e testardo, caparbio e silenzioso, discreto e forte” dei piemontesi. Avrei usato questi aggettivi per il Nebbiolo. E anche se la Falletto non ha il carattere allegro di consorelle minori, la vedo più disposta alla conversazione di nobili e ingrugniti parenti. Ma tant’è. Avrà ragione Bruno Giacosa, ma a me la Barbera piace immaginarla così. L’importante è che sia buona. Anzi, buonissima come questa.