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Panorama

Storie di vino - Vitigni di nobile discendenza. La Cantina del Taburno, erede di Greci e Sanniti ... Quando si raccolgono le uve di 300 produttori e si gestisce una cooperativa, non è facile raggiungere una qualità di vino particolarmente elevata. Fa eccezione la Cantina del Taburno di Foglianise (Benevento); essa d’altra parte si presenta come erede di quei Sanniti che ereditarono la vite dai Greci. Le primogeniture vanno dunque onorate.

Il campione di casa è il Bue Apis, un vino ormai noto di cui ho assaggiato l’ultima annata appena uscita e attesissima, il 2003. frutto di Aglianico in purezza, solenne ma senza le rigidezze che limitavano questo vitigno in passato, esso è all’altezza del toro adorato dagli egizi. Un vino eccellente, ma il prezzo da amatore (44 euro in enoteca) mi pare sovrastimato rispetto al costo assai modesto di altri eccellenti vini della Cantina.

Il Folius 2003, per esempio, è forse la migliore Falanghina in purezza che ricordo, austera e sportiva insieme. Costa soltanto 10 euro. E la Falanghina minore della casa, nome vezzoso e corpo da maggioranza, ha una piacevolissima annata 2004 e costa quasi la metà.

La mia ammirazione per il Taburno si fonde sull’ottima qualità media dell’intera, vastissima produzione. Degli altri tre vini assaggiati, la freschissima annata 2005 del Greco, coltivata nella memoria di Plinio, talent scout di questo vitigno, per soli 6 euro è certamente una delle migliori su piazza. Lo stesso Aglianico minor (Fidelis 2003, 5 euro e mezzo) è l’eccellente risultato di un percorso di ammorbidimento dei vitigno che ricorda quelli felicissimi di Barolo e Brunello.

Il Caudas Vulpium Imitata, vitigno autoctono della zona anch’esso scoperto da Plinio, viene vinificato in purezza nel Serra Docile: con i suoi 14 gradi ha scosso il povero merluzzo che avevo nel piatto, come farebbe Michelle Hunziker con un Enzo Iacchetti convalescente. Al prezzo di 7 euro.

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