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Panorama

Storie di vino ... Gattinara o niente... Per Mario Soldati il Gattinara è “il più degno e aristocratico vino italiano”. Soldati lo diceva quando un Nebbiolo era un Nebbiolo come un Chianti era un Chianti. Non esistevano le meravigliose diavolerie degli uvaggi che hanno felicemente sconvolto l’enologia mondiale e, per dirla tutta, anche i vini in purezza venivano fatti quasi sempre in modo meno raffinato di oggi. Quando la rivoluzione enologica non era ancora cominciata, all’inizio degli anni Settanta, bevvi il mio primo Gattinara di Giancarlo Travaglini. Me lo fece trovare in tavola il presidente dell’Ente provinciale per il turismo di Roma, che si chiamava Travaglini di Santa Rita e beveva solo il vino che portava il suo nome. Da allora mi sono molto affezionato alla riserva classica, l’unica che conoscevo fino a poco fa. E che fa sempre la sua gran figura: ho stappato l’annata ‘99 per accompagnare un roastbeef e mi son chiesto quanto possa essere flessibile un Nebbiolo se la mia bottiglia non aveva nulla dell’aristocratica spigolosità che ricordavo, mantenendo intatta la classe.
Se il Gattinara Riserva è il padre della piccola famiglia Travaglini, il Gattinara Tre vigne è la madre: curatissima, ma meno solenne, meno intimidente, ottima per accompagnare un intero pasto di buona qualità. Il figlio è il Gattinara ordinario: godibilissimo, sorridente, colore più chiaro, sapore più giovane, carattere già maturo.
Giancarlo Travaglini se n’è andato mentre lavorava, due anni fa. Da allora l’azienda è gestita dalla
moglie Liliana con la figlia Cinzia (che ha dato il nome a un altro vino da tavola di casa) e il genero Massimo. Ma la classe, a quanto pare, resta intatta.

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