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Panorama

Dròmos il magnifico ... Robusto e raffinato il rosso Bolla... Esistono alcune famiglie di vignaiuoli che si distinguono dalle altre per una ragione semplice: quando si sottopongono a una trasfusione, al posto del sangue esce il vino. Tradotto, il paradosso vuoi dire che qualunque lavoro questi signori (e signore) tentino di fare fuori della tradizione di casa, alla fine il richiamo domestico è così forte da farli tornare indietro. I Bolla, gran famiglia veronese, non fanno eccezione.
Resi celebri dall’Amarone, molti anni fa i Bolla avevano stampato sull’etichetta il volto del patriarca Alberto. Poi c’è stata la dispersione familiare, ma ciascuno dei Bolla ha continuato a occuparsi con successo del vino. Uno dei nipoti di Alberto, Francesco, dopo la laurea lavorò nel mondo commerciale e societario. Ma il richiamo del vino fu irresistibile. Cosi dopo aver lasciato nel 2000 le cariche top dell’azienda Bolla, ha piantato in Toscana 27 ettari di vigneto con il proposito, diceva, di voler fare “un vino rosso intenso, elegante” e provvisto ovviamente di una propria identità.
Ne è nato un uvaggio di Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese, Alicante e Cabernet Franc. Il vino si chiama Dròmos e già la prima annata, il 2003, ha riscosso un forte consenso internazionale: valga per tutti l’inserimento tra i primi 100 vini del mondo (punteggio 93/100) nell’ultima classifica di Wine & Spirits, importante rivista americana. Negli Usa il vino si vende a 60 dollari, in Italia a 42 euro.
Bene, com’è il Dròmos? Ho assaggiato l’annata 2004 appena messa in distribuzione e l’impressione è eccellente (anche alcune guide italiane gli stanno rendendo merito). Eccellente secondo quanto i canoni internazionali si aspettano da un grande vino toscano: robusto, ma non pesante; raffinato, ma certo non frivolo: di buona muscolatura senza patine adipose. Buon profumo, bel colore, magnifico corpo. Francesco Bolla ha ora dinanzi a sé due strade. La prima è quella di Incisa della Rocchetta che ha impiegato molti anni prima di tirar fuori il secondo vino. L’altra, più consueta, è di affiancare al grande vino regale una ragionevole corte di vassalli di buona qualità.

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