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Panorama

Niente pale, salviamo il Morellino ... I generatori dell’energia “pulita” deturpano paesaggi incontaminati. Colpa di multinazionali dell’energia ed enti locali con le casse vuote. Nasce così una rivolta che unisce avversari storici come Federcaccia e Lipu... “Li voglio vedere crocifissi sui loro pali. Tutti, dal primo all’ultimo. A costo di vendere l’azienda e di andare in rovina, io questo sopruso non lo mando giù”. A Jacopo Biondi Santi, produttore del leggendario Brunello, trema quasi la voce per la rabbia. “Farò causa per danni. Milioni di danni. A tutti: comune, provincia, regione. Perfino al presidente della Repubblica”. E che gli hanno mai fatto? Bisogna vedere la sede della sua azienda, nel castello di Montepò, dalle parti di Scansano (Grosseto). Un gioiello dell’anno Mille, così vincolato che lui non può “neanche spostare un coppo”; intorno ha 40 ettari di vigneti, da cui nascono il Morellino e quei grandi rossi toscani che viaggiano sui 150 euro a bottiglia. Bene: a 500 metri una società spagnola ha piazzato quattro torri eoliche. Altezza 112 metri, pale gigantesche.
“Ne metteranno dieci. Dieci torri nel cuore del Morellino, in un paesaggio vincolato, a 1 chilometro dal sito archeologico della Città del cotone. Ma scherziamo?” quasi grida Biondi Santi. “Modificheranno il microclima locale, vanificando studi costosi sui portainnesti. Rovineranno la produzione e l’immagine dell’azienda. Non solo io, ma tutti i vignaioli della zona avranno danni per milioni di euro. Ma chi ha permesso questa follia?”.
Benvenuti nelle terre dell’eolico selvaggio, della rivolta contro il Far West dei mulini a vento (circa 2.300 impianti già installati secondo Legambiente), come lo chiama Italia nostra, che con l’ultimo bollettino si è lanciata contro “la speculazione eolica” che sta aggredendo “gli ultimi paesaggi incontaminati d’Italia”. È una battaglia che sta coalizzando vecchi avversari come la Federcaccia e la Lipu (protezione uccelli), passando per gli ambientalisti sfegatati di Altura (protezione dei rapaci) e Wilderness. Che mobilita i vignaioli del Morellino, Biondi Santi in testa (c’è già l’approvazione di Carlin Petrini e di Slow food), e il milione di iscritti della Coldiretti. Che aggrega 300 mila appassionati del Club alpino italiano, Mountain Wilderness e settori di Wwf, Touring club e sindacato. Il loro eroe è Renato Soru, l’uomo che appena eletto presidente della Regione Sardegna tuonò: “Per un piatto di lenticchie stiamo distruggendo il paesaggio della Sardegna”; e bloccò la costruzione di nuovi mulini a vento. Correva l’anno 2004. Oggi sulla strada di Soru ha provato a incamminarsi la Puglia del governatore Nicky Vendola.
In Basilicata si sta discutendo in questi giorni una moratoria. Aumentano i comitati locali e regionali di protesta. Certo, fa riflettere il fatto che in passato l’energia eolica sia stata invocata proprio dagli ambientalisti, come forma di energia “pulita”. E “queste proteste spesso sono solo varianti del Nimby, la sindrome del mai-nel-mio-cortile” accusa Ermete Realacci, a nome della Legambiente, criticata per i suoi contatti con l’Anaev, l’associazione dei produttori eolici. “In Germania producono con il vento oltre 16 mila megawatt, in Spagna 9 mila, in Italia 1.200” ricorda Realacci. “Il ritardo è enorme e bisogna recuperarlo”. “Grazie ai forti incentivi concessi ai produttori, l’eolico è diventato un tale business che tutto il Centro-Sud è a rischio di saccheggio” replica Carlo Ripa di Meana, presidente di Italia nostra. “Ci sono richieste per costruire almeno 10 mila torri: autentici impianti industriali, a forte impatto ambientale, che rischiano di devastare l’Appennino, le isole e le coste”. Aggiunge Oreste Rutigliano, presidente del Comitato nazionale del paesaggio: “Non siamo contro l’eolico, ma contro il proliferare di impianti di dimensioni mostruose che deturpano luoghi finora integri. Si sta costruendo dappertutto e nel modo più incontrollato”. A Scansano ma anche a Nulvi, in provincia di Sassari: “Siamo un paese di 3.004 anime e abbiamo 62 torri in via di costruzione, nonostante il blocco. Stanno mettendo le pale in mezzo a nuraghi millenari, distruggendo ogni possibile sviluppo turistico” protesta Alberto Lorrai, il veterinario del posto.
Ed ecco Potenza: “In Basilicata abbiamo 130 comuni e una decina di impianti in funzione. Abbiamo richieste per costruirne altri 88. Anche in aree a rischio idrogeologico, dentro i parchi, nelle zone protette” calcola la consigliera regionale Emilia Simonetti. In Abruzzo “stanno autorizzando un impianto da 26 pali, alti 90 metri, visibili a 40-50 km di distanza, sul crinale della Serralunga. Faranno scassi, strade, elettrodotti, cabine trasformazione. Il tutto in pieno habitat dell’orso marsicano, la cui tutela richiesta e finanziata dall’Unione Europea, e di cui in Italia è paradossalmente capofila la regione Abruzzo. Rischiamo una procedura d’infrazione” prevede Stefano Allavena, attivista dell’Altura. Altri esempi: la foresta d’acciaio della Val Fortore, al confine tra Campania, Puglia e Mouse; gli impianti eolici nel subappennino dauno, in Puglia; la palificazione annunciata sul Monte Tezio e sul Monte Peglia, in Umbria. Un impianto previsto a Cerchio, nel parco del Sirente-Velino. Un altro vicino agli scavi etruschi di Vulci. “Vogliono mettere le torri anche nel parco dell’Uccellina, all’Elba e a Giannutri” esplode Biondi Santi. “Ma com’è possibile un tale scempio?”. È possibile: “Non esiste una direttiva nazionale contro l’eolico selvaggio” ammette il ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Sulla localizzazione degli impianti a vento i comuni hanno praticamente mano libera. E i comuni hanno le casse vuote. “Così arrivano dal sindaco i rappresentanti delle società eoliche. Promettono il 2 per cento sul ricavato dell’energia prodotta dall’impianto che vogliono costruire, più 1.000 euro per ogni palo. Per 40 torri promettono anche 170 mila euro l’anno. Come si fa a dire no?” spiega Peppino Veneziano, ex assessore all’Ambiente a Muro Lucano (Pz), oggi attivista dell’Ola, il cartello ambientalista che ha chiesto la moratoria.
Tutte battaglie di retroguardia quelle contro l’eolico? “Macché, noi guardiamo al futuro: per gli agriturismi e per gli agricoltori il territorio è un valore economico” s’indigna Franco Masini, responsabile dell’ufficio studi della Coldiretti. “In un mercato globalizzato, se non hai un prodotto riconoscibile e legato un territorio di qualità, soccombi. E quale possibilità può avere un agriturismo dominato da gigantesche torri eoliche? E il turismo del vino, 4 milioni di presenze l’anno, che futuro ha se tra i vigneti doc mettono pale da 100 metri?”, Provate a chiederlo a Biondi Santi. Novello Don Chisciotte contro i mulini a vento, lo trovate al castello di Montepò. Proprio sotto le torri.

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