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Panorama

Dal rosso al rosé lambrusco mania ... Casate frizzanti. I Cavicchioli producono 18 milioni di bottiglie l’anno. Ora sperimentano uno champagne rigorosamente da bassa emiliana... Perché cercare di sottrarre la “red cola”, cioè il lambrusco, al suo onesto destino di frizzantino nato con il dna della Bassa Emiliana che fa molto per salami e culatelli, ma pochissimo per l’eccellenza del bere? Perché in fondo, si sono detti Claudio e Sandro Cavicchioli, terza generazione di produttori di lambrusco, una ventina d’anni fa, sorseggiando il primo bicchiere proveniente dalla rinnovata Vigna del Cristo, anche lo champagne è nato da tentativi durati due secoli per migliorare quel pinot noir leggero, senza effervescenza, abbastanza insignificante prodotto nella regione intorno alla Marna. “Anzi” dichiara Sandro, l’enologo di famiglia, “a un certo punto ci siamo dati l’obiettivo di dimostrare che chi ha prodotto per anni lambrusco fermentato in bottiglia possiede una conoscenza della tecnica spumantistica che nulla ha da invidiare alle case di champagne”.
Un traguardo al quale la famiglia mirava già 40 anni fa, quando ha inaugurato il corso del lambrusco bianco spumante prodotto in zona. Dopo, le date si sono susseguite veloci: nel 1990 l’acquisizione di Castelfaglia, in Franciacorta, dove Sandro, con il suo Monogram brut, si è messo a gareggiare con i più titolati produttori di bollicine della zona, e, di recente, dopo anni di fidanzamento, il matrimonio con Christian Bellei, la cui azienda produceva da decenni ottimi spumanti metodo classico, cioè fermentati in bottiglia, a Bomporto, poco fuori Modena, lontano da tutte le fasce vocate.
Così a forza di “chirurgia” in vigna e in cantina, quest’anno al Vinitaly il team Cavicchioli ha stappato il Rosé del Cristo, morbido, con un perlage suadente ottenuto da una selezione delle uve più pregiate di Sorbara. Uno champenoise che in una degustazione alla cieca reggerebbe il confronto con etichette ben più nobili, giuravano gli esperti nel retro dello stand al Vinitaly mentre lo abbinavano con ostriche, bolliti e mortadelle. Naturalmente senza trascurare i fiori all’occhiello Col Sassoso e Robanera che hanno inaugurato il nuovo corso dei vitigni storici del lambrusco modenese, adatti non solo ai salumi verdiani, ai tortellini e agli stracotti, ma anche ai piatti speziati delle nuove cucine esotiche.
Quella dei Cavicchioli è una produzione imponente che fattura 27 milioni di euro con 18 milioni di bottiglie. Adesso anche chi prima confessava di amare il lambrusco con lo stesso atteggiamento colpevole del goloso di Nutella può uscire allo scoperto. Come fanno Guido Barilla, Giovanni Rana, Luigi Cremonini, che amano berlo nel calice creato l’anno scorso da George Riedel per il Consorzio del lambrusco di Modena: con lo stelo rosso che, mentre la coppa si riempie, ne prolunga la sfumatura rubino.

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