02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Panorama

Potenti nel piatto Scrittori arrosto e in brodo ... Casta del gusto Difensori della tradizione o aperti alle ricette globali, assolutisti o relativisti, i maître à penser della cucina sono anche portatori di una cultura che va oltre il menu. Si dividono in tante famiglie e sono in polemica fra loro. Con un obiettivo: l’egemonia sul palato degli italiani.

Sono i “gourmet à penser”, i maestri del gusto, i signori (ormai anche le signore) che ci dicono quali cibi mangiare, quali vini bere, in quali ristoranti andare. Ma chi sono i maestri dei maestri? Su quali testi si sono formati? I critici enogastronomici possiedono una Weltanschauung, una visione del mondo, una filosofia capace di andare oltre il piatto, o le recensioni che scrivono per giornali, guide e blog sono solo il risultato di capricci, marchette, mode, idiosincrasie e simpatie senza fondamento? Per la prima volta eccoli catalogati per famiglie e contro famiglie culturali.

Veronelliani di destra e di sinistra. Come gli hegeliani, i veronelliani possono essere di destra o di sinistra. Luigi Veronelli, l’inventore del mestiere di enogastronomo per quanto riguarda l’Italia, nei suoi ultimi anni si legò al centro sociale Leoncavallo con iniziative come Terra e libertà, convegno delle “sensibilità planetarie ribelli”. Però la maggioranza di coloro che lo venerano come maestro è di destra, almeno nel senso hegeliano del termine, cioè conservatore. Lo sono Paolo Massobrio e Tommaso Farina, ma soprattutto lo è Enzo Vizzari della Guida dell’Espresso, che si vanta di avere raffreddato gli entusiasmi verso la nuova cucina spagnola e polemizza con Paolo Marchi del Giornale, veronelliano sì ma progressista: “È acriticamente aperto al nuovo, per lui la cucina deve sorprendere, per me deve piacere”.

Non strettamente veronelliano ma certamente non di sinistra è Carlo Cambi del Gambero rozzo (avete letto bene: rozzo, non rosso), i cui riferimenti sono Paolo Monelli e Orio Vergani, nazionalisti e buongustai.

Marx e Nietzsche. Marxista, però nel senso di Groucho, è Antonio Fiore del Corriere del Mezzogiorno, che ama farsi fotografare col naso finto e gli occhiali tondi del comico americano. Il nietzschiano della situazione è Claudio Sacco, artefice del blog di successo www.altissimoceto.it: elitario a cominciare dal nome della sua creatura, si definisce “il nuovo che avanza” e assicura che le sue recensioni “portano un traffico di prenotazioni secondo solo alla Guida Michelin”. Saccheggia anche Oscar Wilde: “Ho imparato che buona parte delle cose che rendono felice l’uomo sono illegali, immorali e nuocciono alla salute”. Con mirabile coerenza sogna una ristorazione senza freni, superomistica: “Che tristezza i menu a chilometri zero, solo con ingredienti locali. I nostri bravissimi cuochi devono potersi esprimere senza confini nello spazio-tempo”.

I cattoedonisti. Fumano sigari toscani, stravedono per l’oca in onto (conservata nel proprio grasso), per la Barbera del Monferrato, per la torta Pistocchi di cioccolato cremoso. Basta guardarli per capire che non si negano nulla Paolo Massobrio e il giovane Tommaso Farina. Nulla o quasi nulla: nei venerdì di Quaresima le due firme della Stampa e di Libero non mangiano carne, così come previsto dal catechismo. Se è per questo lo scrivente, avendo peccati più gravi da farsi perdonare, segue regole più antiche e più severe, privandosi della carne tutti i venerdì dell’anno. Per poi gettarsi, il sabato, con accresciuto entusiasmo sul pesto di cavallo crudo (sua grande passione).

Cronisti e letterate. Lo stile di Edoardo Raspelli è cronistico, senza svolazzi poetici, e infatti il suo maestro dichiarato non è uno scrittore (il coltissimo Veronelli lo era) bensì un giornalista puro, Pier Maria Paoletti.

Agli antipodi troviamo un paio di donne dalla scrittura ricercata, perfino snob, che pesca nelle acque profonde della letteratura. La prima è Camilla Baresani, autrice di tre romanzi non gastronomici. Quando racconta ristoranti per Il Sole 24 Ore pensa ad Alberto Denti di Pirajno, aristocratico siciliano che scrisse di molte cose, anche di cibo. Sul comodino tiene quindi Il gastronomo educato, oggi reperibile solo presso le librerie antiquarie.

La seconda è Roberta Corradin che invece tende a firmare solo volumi mangerecci (il prossimo uscirà a maggio per la Einaudi e “sposerà fiction, giornalismo, donne e cucina”). Proprio lei ha i riferimenti più aulici (“Leggo e rileggo le Satire di Orazio”) e per descriversi cita un romanzo di Walter Siti (“Appartengo alla fascia alta dei morti di fame”).
Identitari e globalisti. Raspelli è un localista che ha condensato il suo credo nello slogan “Terra, tradizione e territorio”. Identitari sono pure i veronelliani di destra.

Punta di diamante della fazione avversa è senza dubbio Allan Bay, il cui maestro è un cinese, Yuan Mei. Trova “assurdo, autarchico, ridicolo” il menu a chilometri zero e, cuore di pietra, non si commuove di fronte ai vitigni autoctoni. Il chilometri zero fa innervosire sia Stefano Bonilli del Gambero rosso (“Slogan suggestivo, intriso di demagogia”) sia Paolo Marchi (“Se abitassi a Pianura vorrei mangiare i granchi dell’Alaska, altroché”).

Infine Massimo Bernardi di Kelablu cita come bussole Kurt Anderson e Graydon Carter, autori americani che mi erano un attimino sfuggiti.

Scrutoniani e animalisti. Roberta Schira, autrice del sanguinolento Libro delle frattaglie, segue le orme del filosofo conservatore inglese Roger Scruton, apologeta della caccia. “Ingozzare oche e sparare agli uccellini è brutale e malvagio? La vita è brutale e malvagia. Sono favorevole al foie gras e alla cacciagione: perché proibire a mio figlio il piacere di gustare quei sapori, un domani?”. Parole capaci di suscitare l’indignazione di Camilla Baresani, che il fegato grasso lo vieterebbe per legge, e pazienza per i ghiottoni del futuro, e che vorrebbe obbligatori gli storditori elettrici per aragoste, perché non soffrano quando gettate nell’acqua bollente.

Assolutisti e relativisti. Carlo Petrini, il guru di Slow food, siccome è coperto a sinistra dalla sua adesione al Partito democratico (è tra i membri del comitato nazionale) può permettersi di scrivere libri dogmatici come Buono, pulito e giusto. Avete presenti le tavole della legge ricevute da Mosè sul Monte Sinai? I comandamenti di Petrini sono altrettanto insindacabili, essendo basati anch’essi su valori assoluti.

Mentre il campione dei gourmet relativisti è Davide Paolini, il cui grido di battaglia, sul Sole 24 Ore, è il godereccio “A me mi piace”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su