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Panorama

Il vino dà alla testa ai critici americani ... Polemiche ad alta gradazione. “Wine spectator”, il mensile Usa per cultori del buon bere, fa una classifica con tante pecche e molte assenze. Panorama rimedia stilando la lista dei buoni e dei cattivi... Nel mondo delle forchette, dei cappelli e delle stelle la suspense è alta. Ma se per l’uscita delle guide italiane dei ristoranti e dei vini bisogna attendere l’autunno, sono già aperte le discussioni sui promossi e sui bocciati da “Wine spectator”, la rivista di vino più diffusa al mondo, che ha appena pubblicato l’annuale mappa mondiale dei ristoranti “wine friendly”, ossia quelli con le migliori cantine.

In Italia l’immagine del mensile americano risultava già appannata a causa di un infortunio l’anno scorso, quando premiò fra i nuovi ingressi una sedicente Osteria L’intrepido di Milano, locale letteralmente inventato da un burlone. Per il raggiro costui aveva inviato un’immaginaria descrizione di locale e cantina insieme ai regolamentari 250 dollari che devono accompagnare ogni autocandidatura. Quest’anno, poi, una bizzarria: Wine spectator segnala la Taverna Banfi di Montalcino, le cui rastrelliere contengono soltanto bottiglie prodotte da Banfi: davvero sono in grado da sole di fare grande una cantina?

Resiste tuttavia una forte sudditanza psicologica nei confronti di questa rivista soprattutto da parte dei produttori, i quali farebbero carte false per ottenere punteggi lusinghieri. La stravaganza dei giudizi sui ristoranti prosegue fra vecchie glorie, inspiegabili nuovi ingressi e clamorose assenze. A ben vedere, solo sette dei 20 locali italiani eletti sono dotati di cantine in grado di soddisfare le aspettative di un pubblico intenditore.

Quella di “Wine spectator” è, insomma, una mappa sfocata, frutto più dell’inerzia (una volta entrati fra le segnalazioni, a meno di disastri, non se ne esce più) che di effettiva ricerca. Se nessuno può discutere sull’Enoteca Pinchiorri di Firenze, sulla Pergola dell’Hotel Cavalieri, a Roma, o sulla Bottega del vino di Verona, non si può condividere oggi il riconoscimento dato a pur rispettabili cantine come quella del Poeta contadino ad Alberobello o di Gigetto a Miane: partite bene vent’anni fa, non hanno tenuto il passo, né per l’aggiornarnento degli acquisti né per il numero di bottiglie delle etichette più preziose. E neppure si capisce perché siano considerate top le cantine dell’Antico Pignolo di Venezia, di Palazzo Gaddi a Firenze o del Lord Byron a Roma: decine di ristoranti italiani dispongono di molto meglio.

Viceversa, mancano cantine vere e serie come quelle di La Stua di Michil a Corvara, completa e spettacolare, con verticali da brivido; del Pescatore a Canneto sull’Oglio, ricca di tutte le eccellenze possibili; delle Calandre di Rubano, che ha una carta appena rifatta con un’originale suddivisione per vitigni; o delle eccellenti enoteche Marcucci a Pietrasanta, Casa Bleve a Roma e Le Case a Macerata. Tutti locali nei quali il livello è garantito dalla presenza di proprietari appassionati e di sommelier più che esperti nel selezionare i vini, acquistarli, gestirne gli approvvigionamenti, definirne prezzi congrui, proporli, presentarli e servirli con tatto e misura.

Le scelte di “Wine spectator” sembrano costruite solo sulla base del numero delle etichette e delle bottiglie in cantina, con un telegrafìco riferimento alle tipologie dei vini e una generica valutazione dei prezzi. Manca nei fatti, per i ristoranti italiani, una chiave di lettura plausibile sui criteri con i quali si giudica una cantina di qualità. Innanzitutto non un elenco di etichette che fanno scena, ma una selezione ragionata per tipologie e denominazioni dei vini. Poi la corrispondenza tra ciò che è scritto nella carta e ciò che effettivamente c’è in cantina. Infìne, l’effettiva profondità dell’assortimento per numero e annate dei vini più importanti. È facile, infatti, mettere in vetrina due bottiglie per ogni etichetta premiate dall’ultima guida del “Gambero rosso”, della “Revue du vin de France” o da “Decanter”. Ma “Wine spectator” non sembra tenerne conto e non rende un buon servizio ai suoi 2 milioni e mezzo di lettori che cercano in Italia i ristoranti del bere eccellente. Alla sua classifica Panorama contrappone la lista aggiornata e collaudata dei locali in grado di soddisfare le curiosità e le aspettative dei “wine lover”.

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