Panorama

Così cambia la patria del gusto ... La regione ospita marchi come Lavazza, Ponti e Balocco. Ma anche piccoli produttori di nicchia. Che anticipano la ripresa investendo... Già prima della Seconda guerra mondiale Giacomo Morra aveva capivo tutto: inventò la fiera del tartufo di Alba e cominciò a spedire tuberi pregiati a Winston Churchill. E poi anche a Marilyn Monroe. Naturalmente raccontandolo ai quattro venti. Il marketing funzionò. E nessuno si stupisce se dalla scuola piemontese sono usciti colossi del largo consumo e della comunicazione come Ferrero, Lavazza o Martini, per non parlare di Slow food Italia, l’associazione di Bra che il fondatore Carlo Petrini ha portato a notorietà mondiale. Il settore agroalimentare piemontese vale il 5,3 per cento del pil regionale. Conta grandi vini come Barolo e Moscato, ma anche carni pregiate e 370 prodotti tradizionali riconosciuti e censiti dalla regione... ...Come in altre zone d’Italia, in Piemonte è l’agroalimentare che anticipa i segnali di ripresa... ...Di certo iniziative come il Salone del gusto a Torino, promosso da Slow food (cui anche aziende mass market come la Raspini partecipano con stand e promozioni), sono una leva in più per le industrie. Con progetti come la Banca del vino e l’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo (sempre un progetto Slow food) il Piemonte si è costruito la fama della qualità agroalimentare, settore che vale da solo 18 per cento dell’export regionale per una cifra complessiva di 3.044 milioni, di cui 1.000 con i soli vini e distillati. Investirci viene dunque naturale. E così, mentre i presidi di Petrini salvano prodotti in via di estinzione come la fragola di Tortona, le carni di razza piemontese e formaggi come il castelmagno d’alpeggio, le aziende cercano nuove frontiere...