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Panorama

L’industria del cibo pregusta la ripresa ... Il settore, dopo un 2009 difficile, riparte con un aumento di produzione ed export. E al prossimo Cibus, darà una dimostrazione di forza... Chi ha imbottigliato vino, sfornato dolci e confezionato cioccolatini nel 2009 ha dormito sonni più tranquilli di chi ha impacchettato pasta, raccolto frutta o inscatolato pesce. Nel 2009, infatti, l’apertura di nuovi mercati esteri e il rafforzamento delle piazze già conquistate negli anni precedenti hanno favorito l’export solo di alcuni comparti dell’industria alimentare italiana, che in complesso ha venduto il 4,9 per cento in meno oltre confine. Ma che, tutto sommato, si sta leccando ferite di lieve entità, se confrontate con l’andamento delle esportazioni complessive del nostro Paese, in flessione di 21,4 punti percentuali. A parlare sono i numeri: le 6.350 imprese del settore nel 2009 hanno fatturato 120 miliardi di euro, al secondo posto dopo il settore metalmeccanico e in linea con il 2008, con un valore di export pari a 18,87 miliardi. E, ora che qualche segnale di ripresa dei consumi inizia a fare capolino nei mercati europei e in quello statunitense, gli imprenditori hanno tutte le intenzioni di non mollare. Anzi, l’obiettivo è rafforzare la quota delle esportazioni. Il business è soprattutto negli Stati Uniti, in Giappone ma anche in Germania e Francia. Ed è con questa ambizione che dal 10 al 13 maggio il meglio del comparto si mette in mostra nei padiglioni della Fiera di Parma per la quindicesima edizione di Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione, che conta 2.500 espositori in 120 mila metri quadrati di stand, attende 50 mila visitatori fra cui oltre 7 mila operatori esteri provenienti da 100 paesi ai quali proporre l’eccellenza italiana a tavola. L’occasione è imperdibile. E il Comune di Parma (azionista con la Federalimentare di Cibus) ha messo sul tavolo più di una fiche per promuovere un comparto vitale per il suo territorio. E non solo. ““Welcome to foodland”, ovvero benvenuti nella terra del cibo, è lo slogan con cui accoglieremo gli espositori” spiega Antonio Cellie, amministratore delegato delle Fiere di Parma, “perché questo è un territorio simbolo di un distretto d’eccellenza”. A Parma in occasione del Cibus verrà allestita una piazza dove 62 consorzi italiani esporranno i loro prodotti; sono previste degustazioni dal mattino fino alla sera; un “fuori salone” nelle strade e nelle piazze; 4 giorni di corsi e seminari sulla sana nutrizione rivolti a medici, biologi, nutrizionisti oltre a convegni su grande distribuzione, ristorazione commerciale, industria dolciaria. “Abbiamo investito 24 milioni di euro per costruire nuovi padiglioni con impianti fotovoltaici e parcheggi” spiega Pietro Vignali, sindaco di Parma. “Abbiamo coinvolto l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (che ha sede proprio a Parma, ndr) e approvato un protocollo con il sindaco di Milano Letizia Moratti, l’amministratore delegato dell’Expo 2015 Lucio Stanca e i ministri per l’Istruzione Mariastella Gelmini e per la Salute Ferruccio Fazio per una scuola di formazione sulla sicurezza alimentare. Perché il cibo non è solo business ma anche sicurezza”. Come lui la pensano gli imprenditori che si ritroveranno al Cibus e che rivendicano tre esigenze per il settore. “Bisogna rafforzare la promozione sia nella grande distribuzione sia nella ristorazione” dice Giandomenico Auricchio, presidente della Federalimentare. “È necessario poi che le banche sostengano ancora le imprese. E che la lotta alla contraffazione venga gestita a livello europeo, non solo nazionale. Il 2010 si è aperto con dati confortanti sul fronte sia della produzione sia dell’export, cresciuti a febbraio rispettivamente del 2 per cento e del 2,6 per cento, ma il sostegno deve essere costante”. Anche perché, nonostante la buona partenza, “non sarà un anno facile” aggiunge Francesco Pizzagalli, presidente dell’Assic (Associazione industriali delle carni). “L’industria alimentare è per definizione anticiclica, le crisi iniziano in ritardo rispetto agli altri settori, però vale lo stesso per le fasi di ripresa. Il comparto che rappresento, per esempio, ha aumentato l’export del 3,3 per cento nel 2009, ma è fondamentale continuare a dare un supporto commerciale alle imprese nel firmare accordi che consentano l’apertura di nuovi mercati”. E la pasta? “Il 35 per cento della capacità produttiva installata non viene utilizzata” informa Massimo Menna, presidente dell’Unipi (Unione pastai), “per questo abbiamo bisogno di aumentare i volumi e i mercati esteri sono essenziali”. “Welcome to foodland”, quindi, ma il più possibile da portare all’estero.

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