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Panorama

Dalla Toscana più assolata, un rosso che fa paura ai francesi ... Il mio cuore sta ancora con il Tignanello, il vino che a metà degli anni 70 segnò il punto di svolta della nuova enologia italiana . Lo “inventò” un gigante come Giacomo Tachis, e al petto di Tachis Piero Antinori appunta una meritata medaglia nel suo libro Il profumo del Chianti, appena uscito dalla Mondadori. Il mio cuore, dicevo, sta con il Tignanello: basta infatti un 10 percento di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc per dare al Sangiovese quel tocco di raffinata novità che lo smarca dal pur prestigioso mondo del Chianti. Ma nel libro si nota che il cuore di Antinori tiene per il Solaia, “Il vino che sognavo” scrive il marchese, il vino che pochi anni dopo la nascita, nel 2000, gli dette la soddisfazione più grande: il riconoscimento come vino nell’anno della principale testata internazionale del settore, Wine Spectator. Il Solaia è cugino del Tignanello: i due vigneti si dividono l’angolo più soleggiato della Tenuta di Santa Cristina in Chianti. Una produzione eccedente di Cabernet indusse Antinori e Tachis al grande salto: fu costruito un vino composto per 3/4 di Cabernet Sauvignon, per il 5 per cento di Cabernet Franc e solo per il 20 per cento dal Sangiovese, tradizionalmente l’uva di casa. Nacque uno dei vini più buoni del mondo, che tiene il passo coi grandi francesi, pur costando nettamente meno. Gli amanti del vino troveranno nel libro di Antinori storie di vigne e di viti, ma soprattutto straordinarie storie di uomini, perché è dal genio degli uomini che nascono le grandi bottiglie.


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