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Panorama

Venissa: una vigna, sei camere e un super ristorante in Laguna ... a Laguna adesso è cosa da intenditori. Si salpa da Venezia, si punta verso Mazzorbo, un fazzoletto di terra di 316 abitanti agganciato a Burano da un ponticello, e si scende a Venissa: un ristorante e sei camere, al centro di una vigna murata di i ettaro dove i Bisol, produttori di Prosecco a Valdobbiadene, hanno recuperato la dorona, un antico vitigno pressoché estinto che produce un’uva bionda di chicco piccolo e cli buccia spessa da cui si ricavano poche centinaia di bottiglie. Nel loro bouquet, dove gli intenditori avvertono sfumature di arando, mandorle, spezie, dominano le note salmastre della Laguna. Un vino unico perché è quello stesso che bevevano i dogi veneziani nelle loro residenze private, quello che offriva Giacomo Casanova nelle sue cene di seduzione il cui menu era modulato sul colore dei capelli e dell’incarnato della dama. Le prime bottiglie della collezione 2011 sono appena state stappate, durante una degustazione guidata, seguita da una cena “emozionale” (destinata a ripetersi a intervalli regolari) nel ristorante adiacente la vigna. Qui, intanto, fino a metà novembre, tra i menu, si può scegliere quello che culmina con l’assaggio del Venissa, vino simbolo specialmente adatto ad accompagnare i piatti di Antonia Klugmann, giovane cuoca, triestina di nascita, sapiente e poetica, che cucina come una volta le donne di qui, ma con l’intervento preciso della tecnica. Nelle sue ricette, una “cucina di raccolta”, ovvero quello che offre il Parco lagunare: verdure sapide, erbe spontanee, pesci e crostacei, uccelli di passo, ma con l’intervento preciso della tecnica. Preparazione guida è “il crudo di Venissa”, non lo scontato mix marino, ma un fascinoso insieme di portulaca, viticci, more di rovo, rinvigorito dal salmastro di un’alice essiccata. O l’antipasto dolce-agro di asparagi bianchi, fragole, favette, salicornia: da chiedere in primavera. Anche i tagliolini alle cime di rapa non hanno niente a che fare con un tranquillo comfort food; anzi, l’impatto vegetale dovuto alla farina mescolata a una purea di cime di rapa e senape di mare, l’erba pungente che cresce a bordo dell’acqua, è impressionante. Persino la quaglia, volatile di sapore neutro e accomodante, petto e coscia cotti separatamente, acquista risvolti inaspettati, rilevati dalle note acidule di succo e polvere croccante di lampone. Vellutato e ghiottissimo il dolce: dall’alto, meringa, sorbetto al rabarbaro, crema di latte. A sorpresa, esce però da una mano maschile.

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