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Panorama

La guerra delle bollicine … Lo spumante dolce non piace più e, dopo l’approvazione delle nuove regole, i produttori piemontesi preparano già per l’estate il lancio dell’Asti secco. In Veneto, patria del Prosecco, si teme l’attacco a un mercato molto redditizio... Il tappo che salta dalla bottiglia di Prosecco è sempre stato il simbolo della festa che inizia. Oggi, invece, potrebbe suonare come il primo sparo di una nuova guerra: quella tra i produttori piemontesi di Asti e quelli veneti di Prosecco. A innescare la miccia è il Comitato vitivinicolo del ministero delle Politiche agricole che - dopo il via libera della Commissione tecnica - il 15 marzo ha modificato il disciplinare inserendo nuove tipologie di Asti dogc, cioè quelle che hanno un minore contenuto zuccherino, nella versione secco, demi - sec ed extra secco. Ciò significa che già quest’estate potremmo trovare sugli scaffali dei supermercati un prosecco in versione astigiana, l’Asti secco. In attesa del decreto ministeriale che chiuderà l’iter burocratico, le schermaglie tra piemontesi e veneti sono già iniziate. Luca Zaia, presidente di Regione Veneto, ha bollato la decisione del Comitato come “inutile provocazione”, rispetto alla quale i produttori veneti “non faranno marcia indietro e, anzi, proseguiranno a testa bassa”. L’assonanza con il nome Prosecco, dunque, “rischia di diventare un boomerang e la novità potrebbe trasformarsi in una guerra tra poveri che non serve a nessuno”. Il casus belli potrebbe essere innescato da un produttore di Asti secco che decida di mettere sul mercato una bottiglia con una denominazione che rievochi o emuli palesemente il Prosecco E a tentarlo nell’azzardo potrebbe essere la crisi in cui versa ormai da tempo il mercato dell’Asti dolce. Dopo aver conquistato i palati di tutta Europa, negli ultimi anni lo spumante astigiano dolce ha registrato infatti un calo di produzione di 25 milioni di bottiglie, una perdita stimata in 40 milioni di euro per il solo 2016. In cinque anni l’export ha perso più del 33 per cento delle quote di mercato. “Il motivo di questo declino va rintracciato nel fatto che i consumatori, soprattutto quelli più giovani, preferiscono oggi gli spumanti secchi a quelli dolci”, spiega a Panorama Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio per la tutela dell’Asti docg. “Va però detto che l’Asti dolce è per il 75 per cento concentrato in Europa. Ciò vuole dire che fuori c’è tutto un mondo da conquistare per questo tipo di prodotto, che rimane sempre e comunque il nostro focus. Prevediamo, infatti, di fare crescere i volumi dell’Asti, secco e dolce, di 15 - 20 milioni nel medio periodo”. Ma se davvero gli astigiani dovessero iniziare a imitare il Prosecco, a quel punto sarebbe guerra. Anche se alcuni produttori di Asti già da tempo possono imbottigliare prosecco veneto. “Quando il Consorzio di tutela del Prosecco è nato nel 2009 per includere e proteggere i produttori dell’area tra il Veneto e il Friuli - Venezia Giulia, è stata introdotta una deroga per consentire a 30 aziende fuori dal territorio consortile (tra cui alcune piemontesi) di imbottigliare il prosecco veneto. Senza, però, metterlo sul mercato con questo nome o un nome simile”, spiega a Panorama Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, uno dei maggiori produttori veneti di Prosecco. Polegato, così come molti altri produttori dell’area, fa affidamento sul buonsenso degli astigiani, confidando nel fatto che non si metteranno a far guerra ai veneti emulando il loro prodotto. Ed è questo il motivo per cui, fino ad oggi, il Consorzio di tutela del Prosecco Doc, a differenza di Zaia, ha mantenuto sulla questione toni pacati e concilianti. “Il parere espresso dal Comitato nazionale vini va nella direzione da noi auspicata, anche se permangono dei margini di interpretazione che, se chiariti, a nostro avviso avrebbero potuto evitare da subito eventuali contenziosi in sede giudiziaria sull’uso evocativo del termine “secco” che comunque, a quanto ci è dato a sapere, non dovrebbe comparire sul nuovo disciplinare dell’Asti docg. Appare evidente che, così stando le cose, il tutto verrà lasciato alla correttezza degli imbottigliatori astigiani”, è stato il commento di Stefano Zanette, presidente del Consorzio Prosecco Doc, alla decisione del Comitato. Ciò non vuol dire che il mondo del prosecco non abbia le armi per rispondere a un eventuale attacco da parte degli astigiani. Ma nulla accadrà prima dell’estate, quando i piemontesi inizieranno a mettere sul mercato i loro nuovi prodotti basati sull’Asti secco. Solo allora si capirà se gli astigiani avranno agito secondo buonsenso (come auspicato dai veneti) o se avranno sferrato il loro attacco frontale. A quel punto la tenzone si sposterebbe nelle aule giudiziarie E, fino a oggi, il Prosecco ha sempre vinto a mani basse i contenziosi di questo tipo in giro per il mondo, grazie al supporto di Sistema Prosecco, costituito nel 2014 da Consorzio Prosecco doc, Consorzio docg Asolo Prosecco e Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco. Il timore dei produttori veneti di Prosecco è che l’eventuale sbarco sul mercato di un Asti secco che rievochi il Prosecco possa costituire un pericoloso precedente, con l’aggravante di avere origine in Italia con l’avvallo delle istituzioni nazionali. La naturale conseguenza sarebbe quella di indebolire la capacità del Consorzio Prosecco doc di contrastare a livello internazionale i tanti prodotti evocativi e gli innumerevoli tentativi di emulazione. “Con i nuovi prodotti non vogliamo assolutamente evocare il Prosecco veneto, ma la scritta “dolce” o “secco” sulla bottiglia è imposta dall’Unione europea e non deve essere inferiore ai 3 millimetri”, continua Bosticco: “ora, però, per differenziare l’Asti secco dal dolce, la scritta del primo non può essere troppo piccola e in questo la modifica del disciplinare ci è venuta incontro. Senza dimenticare che ha anche approvato la nostra proposta di non scrivere “secco” sulla stessa riga di Asti, affinché non venga fatta confusione con il Prosecco veneto”. Le preoccupazioni dei veneti sono alimentate anche dal fatto che gli interessi economici in gioco sono da capogiro. Nel 2016 sono state prodotte 410 milioni di bottiglie di Prosecco doc, 10 milioni di Asolo docg e 90 milioni di Conegliano - Valdobbiadene Prosecco docg. E, secondo l’ultimo rapporto di Intesa Sanpaolo sull’economia dei distretti italiani, quello del prosecco di Conegliano - Valdobbiadene è risultato essere il più brillante di tutta Italia, con un fatturato salito del 9,3 per cento a 1,16 miliardi nel 2015 e un export in aumento del 14 per cento tra gennaio e settembre 2016. In generale per il Prosecco doc l’export vale il 75 per cento della produzione e i tre principali mercati sono il Regno Unito (per circa il 35 per cento dell’export) gli Usa per il 20 e la Germania per il 13. La Francia per il Prosecco è diventata oggi il quarto mercato, con un’impennata del 71 per cento nell’ultimo anno. Per il docg, invece, l’export vale circa il 35 - 40 per cento. Il prossimo tappo che salterà in aria sarà, quindi, per festeggiare la pace o annunciare la guerra delle bollicine?

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