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Panorama

La storia del pensiero in un bicchiere … All’Università San Raffaele c’è un master in Filosofia del vino e del cibo, con filosofi che ne decantano le virtù. Incuriositi, abbiamo intervistato uno dei docenti, Massimo Donà... Un master universitario insolito, alcolico. Da bere. Leggiamo la mail arrivata in redazione: “Nuovo master di primo livello in filosofia del cibo e del vino promosso dall’Università Vita - Salute San Raffaele in collaborazione con Intesa San Paolo e Iswa”. Tra i professori ci sarebbero addirittura dei filosofi. Incuriositi, proviamo a chiamarne uno. Anzi, il docente che ha la cattedra di Filosofia del vino, Massimo Donà.

Professor Donà, empirismo o esistenzialismo?

Categorie superate, direi piuttosto astemi o bevitori.

Ma lei non è un filosofo?

Appunto. Innamorato dello “spirito”. Vi rivelo un segreto: non fidatevi mai degli astemi.

Leggo che ne avete fatto un master.

Un master straordinario. Siamo arrivati al secondo anno. Gli iscritti aumentano e lavorano pure.

E tra gli insegnanti ci sarebbe proprio lei, Massimo Donà, docente di Filosofia teoretica.

Esatto. Insieme a Massimo Cacciari. L’idea lo ha reso (si può dire) euforico.

Qui c’è scritto che insegnerà Filosofia del vino. È sicuro di essere sobrio?

Sicurissimo. In merito posso ricordare che sono autore di quattro libri “bacchici”. Tra questi Filosofia del Vino (Bompiani). È del 2003 ed è ormai un long seller. Ben 20 edizioni.

Come dire, la storia del pensiero in un bicchiere.

Confermo. L’idea è nata frequentando i bacari di Venezia con l’amico e filosofo Umberto Galimberti. Insuperabile, però, è la capacità di Achille Bonito Oliva. Unico a riuscire a bere una bottiglia di vodka.

Maestri. Di bevuta.

Ricordo che la filosofia inizia con il simposio di Platone dove Socrate, “forte bevitore”, smaschera Alcibiade.

Oggi li avrebbero fermati per stato d’ebbrezza...

Il vino ci può fare delirare ma frantuma le polarità: bello e brutto, vero e falso. Pensate a Odisseo che inganna il ciclope con il vino.

Non crede sia stato un po’ mascalzone?

Il vino di Odisseo è più buono rispetto a quello del ciclope perché usa la téchne: è fermentato.

Facciamo bere i filosofi?

Sono pronto.

Cominciamo con Socrate?

Non ho dubbi, apprezzerebbe il prosecco. Considerato ingiustamente un vino minore, oggi risulta il più venduto. È come la sua filosofia: leggera, ironica, accessibile anche dai meno esperti. Un vino maieutico.

Immagino sia difficile con Aristotele. Diceva: “Il vino eccita chi è lento, ma toglie energia a chi è svelto”.

Qui ci vuole un vino complesso. Siamo di fronte a una filosofia quasi scientifica. Serve un’armatura logica. Ad Aristotele offrirei sicuramente un Franciacorta.

Sfreniamoci con Epicuro.

Sono costretto a sfatare un mito. Al centro della sua indagine non c’è l’edonismo ma l’assenza di dolore. Per Epicuro ci vuole un vino che definirei salutare. Un Aglianico campano. Bianco. Quasi una medicina contro gli affanni.

Che dice di spostarci in Francia dal saggio Montaigne?

Uomo sospettosissimo e che disprezza l’ubriachezza, “vizio grossolano e brutale”. È da comprendere. Si affaccia alla modernità. E poi l’indole è malinconica. Tuttavia possiamo aprire una bottiglia di Pecorino. Laterale tra i vini classici. Riuscirebbe a sedurre pure il conte.

Nessun problema con Cartesio. Si racconta che morì per aver bevuto troppo vino di Spagna.

Filosofo che conosceva benissimo i processi di vinificazione. Per lui è la bevanda che consente la fuga dalla realtà, la dissipazione. È la stessa idea condivisa da Rosseau ma anche da Bataille. Il Barbera è il loro vino. Da bere in un locale notturno.

È vero che Hegel si lamentava, nel suo Epistolario, dello stato delle botti?

Testimonio l’autenticità. La sua filosofia è imponente, la sua dialettica è un pilastro: piena e mobile nel tempo stesso. Per lui occorre quello che io chiamo il vino dei vini: l’Amarone.

Professore, al massimo ci possiamo permettere uno spritz...

Nessun problema. Un intellettuale da spritz è Gilles Deleuze. Uno che parla di pieghe e soglie. È in zona aperitivo, insomma.

Scopro adesso che qualcuno l’ha superata. Kierkegaard aveva scritto “In vino veritas”.

Vedo che studia. Nessun commento qui. Si può passare a ordinare: Brunello di Montalcino.

Lei riuscirebbe a far bere perfino l’inflessibile Kant.

Ci ho pensato tanto. Dobbiamo andare in Friuli ma troveremmo la bottiglia giusta. Un vino del Collio mentre al suo studente, Ficthe, uno Schioppettino. Forse è il caso di mettere il tappo alla bottiglia...

Non ci sareste riusciti con Marx.

È risaputo che si ubriacava spesso. Nel suo caso ogni vino andava bene. Diamogli un Lambrusco.

Che ne dice di passare ai distillati?

Un nome su tutti: Sartre e il mio amico filosofo Giulio Giorello. Per loro un whisky.

Credo sia meglio passare a un bicchiere d’acqua.

Si ricordi. Solo l’alcol permette “l’infinito e incessante rovesciamento di tutto”.

Ma io inizio a non vedere più la tastiera.

È sulla buona strada per trovare il di - vino.

Come dice Orazio: “Nunc est bibendum”, “Ora bisogna ubriacarsi”.

Giusto. Ma mi raccomando. Di filosofia...

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