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MERCATI MONDIALI

“Pensiamo al peggio per essere pronti, ma la Brexit in Uk non fermerà il vino italiano”

Gli scenari possibili del mercato enoico del Regno Unito, secondo Miles Bale, dg Wine and Spirit Trade Association (Wsta)
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Uk e vino, rapporto complicato in vista della Brexit

“Meglio essere pronti al peggio per affrontarlo, e se scamperemo il “No Deal”, tanto meglio”: è tutto all’insegna del pragmatismo l’approccio alla incertissima Brexit secondo Miles Beale, direttore generale del Wine and Spirit Trade Association (Wsta) del Regno Unito, che sul palco di Wine2Wine, a Verona, ha portato la visione della sua associazione, la più grande e influente del Regno Unito a tutela di tutte le figure del settore, preoccupate al pari dei produttori di vino che esportano nel loro Paese. Che, per l’Italia, rappresenta il terzo mercato in assoluto per importanza, in valori e volumi.
“È difficile parlare di Brexit senza prospettare scenari difficili - ha esordito Miles - perché attualmente la situazione è in un “equilibrio instabile”, esattamente come l’autobus che trasportava il bottino della rapina fatta da Michael Caine nel film inglese del 1969 “The italian Job”, diretto da Peter Collins”. Un paragone calzante anche perché il film - presente nella lista delle migliori pellicole britanniche del XX secolo - rappresentava una contrapposizione tra britannici e italiani, con i primi che rubano a Torino i ricavi della Fiat e dopo varie peripezie fuggono su tre Mini Minor.
“In Gran Bretagna importiamo il 98% del vino che consumiamo - ha proseguito - e quello italiano rappresenta il 20% del totale, per il 70% in volume e il 44% in valore dovuto agli sparkling, grazie al boom del Prosecco che si è però stabilizzato. Noi non potremmo farne a meno, abbiamo sete del vostro vino. Anche non ci fossero accordi perfetti dopo la Brexit, non ci saranno particolari problemi. Non vogliamo cambiamenti negli scambi con i Paesi con cui lavoriamo, e vorremmo che i politici ne stessero fuori, ma sappiamo che non è possibile. Qualunque cosa accada lo scambio di merci tra i nostri Paesi continuerà e noi stiamo cercando di limitare i danni, ma anche voi potete fare qualcosa per noi, facendo pressioni sul vostro Governo”.
“La Gran Bretagna - ha ricordato Margherita Zanelli, assistente Trade Analyst dell’Ice di Londra - è uno dei principali mercati per il food&wine italiani, per un valore di 2,74 miliardi di sterline nel 2018. La Brexit è diventata uno spauracchio eccessivo: dobbiamo ridurre i timori, perché comunque si continuerà a lavorare. Nel 2018 sono stati 14,6 i milioni di casse di vino italiano esportati in Uk con un trend positivo (+3,76% rispetto all’anno precedente) previsto anche per il 2019. Il vino italiano è al primo posto nell’on trade, che rappresenta il 20% delle vendite, davanti a quello francese e australiano, ed è secondo nell’off Trade, preceduto da quello australiano e seguito da quello statunitense. In questo ultimo periodo sono aumentati i grandi ordini per approvvigionarsi prima della Brexit, ed è importante che i produttori italiani facciano attenzione alle truffe diventate sempre più frequenti. In sostanza le aziende vengono contattate da società truffaldine che usano nomi che suonano come quelli di grossi gruppi, che dicono che pagheranno dopo la consegna, ma i magazzini di destinazione del vino sono temporanei e la merce sparisce subito come i referenti del contratto. L’Ice di Londra è a disposizione per tutelare i produttori e prevenire queste fregature”.
Venendo alla situazione e fermo restando che il 12 dicembre prossimo ci sarà il voto sulla Brexit, si delineano diversi scenari. “Se i conservatori vinceranno le elezioni - ha spiegato Beale - ci aspettiamo che l’Uk lasci l’Europa entro la fine di gennaio 2020. Poi avremo 11 mesi per accordarci sugli scambi futuri con l’Europa, Italia inclusa. In questo caso, il peggiore, probabilmente i volumi caleranno e il valore crescerà nell’off trade. I vini posizionati sul prezzo di 5 sterline cresceranno in volume e valore. Bisognerà tenere in conto la Vat (Value Added Tax, corrispondente alla nostra Iva) di 2,23 Sterline, e uno spazio di mercato ridotto e competitivo. Noi stiamo lavorando per rendere il mercato inglese più invitante puntando al taglio della tassazione per incentivare la domanda. Sarà un percorso difficile e lungo, ma ci serve decisamente un accordo. Vogliamo rimanere dentro l’Emcs (il sistema informatizzato comunitario per il controllo dei movimenti tra gli Stati membri dei prodotti in sospensione d’accisa in regime sospensivo, tra cui vino e bevande alcoliche, ndr) e abbassare i dazi. Senza accordo, per i produttori italiani i risultati saranno purtroppo negativi, ma se l’esito del 12 dicembre fosse differente si andrebbe a rinegoziare l’accordo firmato da Boris Johnson, o addirittura a un altro referendum”.

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