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CONSUMI E CONSUMATORI

Per convivialità, ma con moderazione: il vino e gli italiani nel fuori casa, secondo TradeLab

Nell’analisi dell’agenzia per Federvini, emerge un consumo virtuoso e consapevole degli italiani in bar e ristoranti. Dove l’89% si concede un calice

9 italiani su 10 bevono vino fuori casa, i più lo associano a convivialità ed allegria, lo ritengono un’eccellenza nazionale riconosciuta, ne gradiscono il racconto al ristorante, che, però, trovano meno spesso di quanto si pensi, e comunque più di 8 su 10 si dicono convinti dell’importante di un consumo consapevole e senza eccessi. È l’estrema sintesi del rapporto tra vino e consumatori del Belpaese nel fuori casa, firmata da TradeLab, realizzata con oltre 1.000 interviste ad un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 ed i 74 anni, illustrata da Bruna Boroni, Director Industry AwayFrom Home dell’agenzia di ricerca, nell’assemblea generale Federvini.
Come detto, il primo dato positivo è che quasi tutti consumano vino fuori casa (89%), ma con delle differenze.
Il 16% sono “adorers”, ovvero coloro che lo consumano sempre al ristorante, il 36%, la classe più numerosa, sono “adopters”, ovvero coloro che lo bevono sposso fuori casa, e per i quali il vino è uno dei prodotti preferiti, il 25% sono “acceptors”, ovvero persone che bevono vino occasionalmente ma che non mettono il vino al top per preferenze, ed il 12% sono “availables”, ovvero persone che bevono vino raramente, ma non lo escludono dalle loro scelte.
Solo l’11% si dicono “Rejectors”, ovvero coloro che non bevono mai vino. Incrociando i dati, dunque, si può sintetizzare che il 52% degli italiani è definibile come “wine lovers”, con il 27% che punta esclusivamente sul nettare di Bacco, ed un 25% che oltre al vino è appassionato anche di spirits. Guardando al totale del campione, il 37% degli italiani dice di bere vino più frequentemente a casa, mentre il 26% di più al ristorante, ed un 36% che mette alla pare il consumo fuoricasa e quello domestico, per frequenza.
Altro aspetto interessante, è vedere a quali valori o parole gli italiani associano il vino. Al primo posto in assoluto c’è la “convivialità”, indicata come prima scelta dal 39%, a cui segue “allegria”, al 33%, e poi “Italia”, al 29%. Al quarto posto, con il 24% delle prime risposte, viene il “cibo”, ulteriore testimonianza del modello mediterraneo prevalente che vede il vino consumato nei pasti, e poi via via termini come territorio, gratificazione, genuinità, cultura, prestigio e sostenibilità, per fermarsi alla top 10. Quasi il 90% degli italiani, poi, quando beve fuori casa, dice che il racconto del territorio, dei metodi di produzione, delle caratteristiche e della storia di quel vino (ma anche degli spirits) migliora l’esperienza di consumo, e solo il 10% si dice indifferente, mentre appena il 2% lo ritiene noioso. C’è dunque una predisposizione positiva al racconto e alla spiegazione del vino al ristorante, ma paradossalmente, emerge che nel vissuto degli italiani questo avvenga raramente nel 51% dei casi, mai o quasi mai nel 15%, abbastanza spesso nel 31% dei casi, e molto spesso solo per il 3%.
In ogni caso, il 65% degli italiani concorda sul fatto che vino e spumanti siano un’eccellenza riconosciuto dell’Italia nel mondo, il 62% pensa che il vino valorizzi il cibo, per oltre il 56% è un’esperienza di degustazione, e non un semplice bere, e a più della metà piace sperimentare i vini dei territori in cui si trova. Più di un 40%, ancora, vuole conoscere la cultura del prodotto che beve, pensa che il vino renda il vissuto più divertente, che unisca le persone e crei gruppo, e che sia un prodotto sostenibile.
La sintesi di tutto questo è nei cluster di consumatori del fuori casi individuati da TradeLab. Quella più numerosa, che raccoglie il 40% dei consumatori, è quella “Fun e social”, per cui un brindisi è sinonimo soprattutto di divertimento e aggregazione. Viene poi “Pleasure & lightness” (26%), composta da coloro che si concedono un calice soprattutto per gratificarsi, ma sempre con attenzione al consumo consapevole. Il 15% è nel cluster “Made in Italy”, ovvero coloro che bevono solo in certe occasioni, ma che riconosce l’eccellenza del prodotto nazionale. Il 10%, invece, fa parte del “just to drink”, ovvero il consumatore per il quale il vino è un bevanda come le altre, mentre il 9% fa parte di “cutlure & taste”, che è anche la classe più adulta, più attenta alla provenienza del vino, alla degustazione e così via.
Altro aspetto molto confortante è che prevale, di netto, il consumo consapevole. Il 52% degli italiani dice di non eccedere mai con gli alcolici, il 23% ammette che sia capitato 1 o 2 volte al massimo nella vita, ed il 17% confessa di concedersi un bicchiere in più qualche volta, ma solo se non deve guidare. Le motivazioni più importanti per cui si evita l’abuso, e si punta su un consumo moderato, sono l’attenzione alla salute (41%, soprattutto trai giovani), la consapevolezza che eccedere è pericoloso se si deve guidare (31%), ma anche la paura di comportamenti alterati (16%).
E quando si chiede agli italiani a chi spetti il compito di educare al consumo consapevole di vino e bevande alcoliche, il 49% risponde la famiglia, il 24% lo Stato attraverso, Campagne di Comunicazione Sociale, il 10% i gestori di bar e ristoranti, mentre solo il 7% indica la scuola, il 5% i medici, ed il 4% gli influencer o i personaggi pubblici.

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