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REGOLE

“Per non mangiarsi il Futuro”, il manifesto della Fipe che chiede stesse regole per la ristorazione

Nel mirino le scelte della politica che spianano la strada a street food e negozi: stesso lavoro, molte meno regole (e spese)
FIPE, PER NON MANGIARSI IL FUTURO, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
Lo street food

Anche il mondo della ristorazione sbotta, ed i pubblici esercizi, riuniti sotto le insegne della Fipe, chiedono alla politica maggiore attenzione per tutelare un patrimonio economico e culturale che vale 300.000 imprese, 85 miliardi di fatturato e 43 miliardi di valore aggiunto all’anno per 1 milione di occupati, senza considerare il valore intangibile del settore in termini sociali, storici, culturali, antropologici e come volano dell’attrattività turistica e dell’intera filiera dell’agroalimentare del Paese. Nel mirino, in un vero e proprio manifesto, “Per non mangiarsi il Futuro”, sottoscritto già da oltre 80 chef stellati del Belpaese, da Claudio Sadler a Carlo Cracco, e trasmesso ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ed al Ministro delle Politiche Agricole e del Turismo Gian Marco Centinaio, ci sono le “scelte politiche incentivano settori che effettuano di fatto somministrazione, senza essere sottoposti alle stesse regole che si applicano alla ristorazione e ai pubblici esercizi in generale. Ci riferiamo agli operatori del settore agricolo, ai circoli privati, al terzo settore, ai negozi di vicinato, agli home restaurant, allo street food etc. Perché se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza. La disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso nel momento in cui le attività di ristorazione chiudono, magari per reinventarsi in esercizi più semplici, dove tagliare i costi del servizio e di preparazione, con effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e l’attrattività delle nostre città. Non chiediamo meno regole: chiediamo che vengano applicate le stesse regole per la stessa professione, anche a tutela e a salvaguardia dei 10 milioni di clienti che ogni giorno frequentano i Pubblici Esercizi. Non chiediamo meno concorrenza: auspichiamo, anzi, che ce ne sia sempre di più, ma per migliorare il mercato, non per renderlo più fragile. Non chiediamo privilegi o corsie preferenziali: chiediamo alle Istituzioni più attenzione e un tavolo, promosso dai ministeri competenti, con la partecipazione dei diversi attori della filiera - che apparecchi una visione strategica complessiva e consapevole per il settore”.

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