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“SLOW FISH” 2025

Pesca, l’appello Slow Food: “serve un nuovo ecosistema costiero, e la politica deve sostenerlo”

La presidente Barbara Nappini: “il nuovo mestiere del pescatore può reggersi solo grazie al sostegno alla pesca, così come all’agricoltura”

“Il pescatore deve integrare, e molti lo stanno già facendo, la sua attività primaria con altri progetti che lo trasformino in un guardiano del mare”. Parole di Gaetano Urzì, storico pescatore e portavoce del Presidio Slow Food della masculina da magghia nel Golfo di Catania, che racchiudono in sintesi l’edizione n. 20 di “Slow Fish” 2025, l’evento di Slow Food Italia dedicato agli ecosistemi acquatici e costieri con un focus quest’anno sul ruolo del pescatore tra difficoltà, sfide e prospettive future, che si è concluso, ieri, al Porto Antico di Genova. Il bilancio finale dell’edizione n. 20 dell’evento parte dalla denuncia della Chiocciola: “la pesca attuale non garantisce più un reddito sostenibile - dice la direttrice di Slow Food Italia Serena Milano - e il mestiere del pescatore deve essere diversificato, riconoscendogli anche il ruolo di tutela della biodiversità e di custodia degli ecosistemi”.
E come spiega l’associazione fondata da Carlin Petrini, le fonti integrative al reddito ci sarebbero: stanno emergendo sistemi ibridi come il pescaturismo, l’allevamento di ostriche o mitili, la vendita diretta del pescato e l’integrazione con attività turistiche a partire dalla ristorazione. Altre ancora guardano alla prima fascia costiera, dove l’attività del contadino e del pescatore si intersecano per valorizzare il territorio e i suoi prodotti. “Ma per far questo - aggiunge Milano - serve una politica più attenta perché senza un impegno serio in tal senso, il settore pesca è destinato a scomparire e con esso tutto il suo patrimonio economico e culturale. La crisi climatica, l’invasione delle specie aliene, l’inquinamento, il sovrasfruttamento degli stock ittici sono una miscela esplosiva e non bastano misure tampone, circoscritte a periodi di tempo e a singole aree”.
L’appello alle istituzioni viene rilanciato da Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia: “il nuovo mestiere del mare può reggersi solo grazie a politiche che tutelino davvero gli ecosistemi e sostengano la pesca, così come l’agricoltura. Non pensando ai prossimi 5 anni, ma ai prossimi 5 secoli”, ha detto.
Ma il monito di Slow Food da 20 anni è sempre quello: tutti siamo responsabili dei nostri comportamenti individuali. E allora anche i consumatori possono essere protagonisti di questo cambiamento adottando comportamenti più virtuosi e attenti oltre a una maggiore consapevolezza negli acquisti, per esempio nel rispettare la stagionalità del pesce, le taglie minime, non concentrarsi più sulle solite specie, e dire basta al pesce di scarsa qualità e a basso costo. Non a caso la Chiocciola ha sempre promosso, tra le tante azioni, il consumo di mitili: “un alimento stagionale, gustoso e prodotto in modo sostenibile - sottolinea Nappini - un cibo “pulito”, nel senso che non inquina l’ambiente e non utilizza chimica e antibiotici. I mitili purificano l’acqua e sviluppando il loro guscio contribuiscono al sequestro di Co2 dall’atmosfera”. Purché si riescano a pescare, attività che per i pescatori del mosciolo selvatico di Portonovo è sempre più difficile: “da anni assistiamo a una diminuzione della velocità di crescita e anche della disponibilità di risorse - racconta Edoardo Baleani, responsabile Slow Food Ancona e Conero e referente del Presidio che tutela questo mitile - le cause sono molteplici, ma la crisi climatica è probabilmente la più importante oltre al fenomeno della mucillagine e il fattore umano. Nell’immediato l’unica azione possibile è prevedere periodi di fermo pesca, per dare modo ai moscioli di riprendersi e rigenerarsi. Ovviamente servono ristori adeguati, ma una cosa sembra ormai chiara: vivere esclusivamente sulla pesca del mosciolo diventa sempre più difficile”.
La situazione non è migliore nello Spezzino:
“il mare si sta scaldando, sempre di più, e mentre un tempo la stagione dei muscoli locali durava tre mesi, da giugno ad agosto, oggi agosto dobbiamo scordarcelo, perché le acque sono diventate troppo calde per la loro sopravvivenza - spiega Nadia Maggioncalda della Cooperativa Mitilicoltori Spezzini - e come se non bastasse, le orate di allevamento hanno sviluppato un enorme appetito per i nostri muscoli. Perchè spesso non si tratta di orate autoctone, ma di quelle atlantiche, che rispetto alle nostre sono più voraci, più aggressive, più grandi. Quando fuggono dagli allevamenti, non lasciano scampo ai nostri muscoli”.
Una crisi analoga a quella vissuta in Puglia, dove le alte temperature estive hanno colpito duramente l’attività dei mitilicoltori del Presidio Slow Food della cozza nera di Taranto: “abbiamo perso circa il 70% del seme, e questo ha compromesso non solo la produzione del 2025, ma anche quella del 2026 - racconta Luciano Carriero, referenti dei produttori - ci sono però segnali positivi: il nuovo seme è nato, le temperature sono rimaste miti, e i mitilicoltori guardano al 2026 con fiducia. Oggi nel Presidio abbiamo 24 cooperative e centinaia di famiglie. Ma più di tutto, abbiamo una comunità viva, che lotta ogni giorno per difendere il suo mare e il suo lavoro”.
Ed sarà proprio a Taranto, dal 13 al 15 giugno, il prossimo appuntamento Slow Food a tema costiero: la seconda edizione di “Mediterraneo Slow”, un evento che celebra l’unicità della cultura mediterranea a partire dal cibo. Per ricordarci che “veniamo tutti dal mare”.

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