
“Diamo voce al mare, convinti che il dialogo diretto tra pescatori e cittadini sia fondamentale”. È con queste parole che Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia, ha dato ufficialmente il via, ieri, a “Slow Fish” 2025, l’evento organizzato dalla Chiocciola - con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura e della Regione Liguria - dedicato agli ecosistemi acquatici e marini in programma fino all’11 maggio al Porto Antico di Genova. Un evento ricco di esperienze, tra degustazioni, Laboratori del Gusto, attività per famiglie, conferenze, spazi regionali, Presìdi Slow Food, food truck e birrifici artigianali, e un vivace mercato dove incontrare oltre 80 produttrici e produttori provenienti da tutta Italia. “Ci siamo scordati che la vita viene dal mare a partire dal 50% dell’ossigeno che respiriamo - ha detto Nappini - pensare che si possa continuare ad abusarne per trarne profitto significa avere in spregio la vita e il futuro”.
Che da ormai 20 anni è la battaglia che combatte Slow Food, come ha ribadito il suo fondatore Carlo Petrini: “l’overshoot day, quest’anno, in Italia, è stato il 5 maggio, mentre 20 anni fa cadeva a ottobre. In cinque mesi ci siamo mangiati le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in un anno - ha raccontato - entro il 2050 la quantità di plastica nei mari del mondo supererà la quantità del pescato. Ci sarà più plastica che pesce. È possibile che non si riesca a comprendere questa emergenza? Lo straordinario documento politico e sociale che è la “Laudato Si’” mette in evidenza che tutto è connesso: tutto il pianeta è coinvolto nello sconquasso ambientale. La Fao - ha aggiunto - prevede che nel 2050 ci saranno 200 milioni di migranti ambientali: ma la crisi ambientale e le questioni sociali non sono presenti nell’agenda politica. E allora noi tutti siamo responsabili dei nostri comportamenti individuali”.
È in eventi come questo, infatti, che la Chiocciola fa cultura e sensibilizza sulle sfide da affrontare oggi per salvare il futuro della Terra: da venti anni “Slow Fish” è un luogo di incontro, scoperta e confronto, dove si assaggia, si ascolta, si impara: “e lo facciamo ribadendo istanze attuali e sempre più urgenti - ha sottolineato Nappini - l’attenzione all’ambiente, il tema delle plastiche nei nostri mari di cui fummo tra i primi a parlarne nel 2007, l’individuazione di modelli di pesca sostenibili. Nel Mare Nostrum le attività di piccola pesca costiera rappresentano l’83% delle flotte totali, circa 127.000 addetti: si tratta di imprese familiari che sostengono intere comunità e Paesi. Aiutiamo questa pesca a continuare ad essere volano intergenerazionale di conoscenza e di buone pratiche. Perché è una realtà che sta patendo la crisi climatica, l’inquinamento dei mari, la cattiva gestione degli stock ittici”.
Ribadito il sostegno all evento anche da parte della Regione Liguria: “confermiamo il nostro impegno nel promuovere una pesca sostenibile e nel valorizzare le tradizioni locali attraverso eventi come “Slow Fish”, che rappresentano un’occasione preziosa per riflettere sul nostro rapporto con il mare, sulla sostenibilità e sul valore delle tradizioni - ha dichiarato il vicepresidente, Alessandro Piana - abbiamo stanziato quasi 2 milioni di euro a sostegno della crescita e dell’innovazione nei settori della pesca e dell’acquacoltura, per favorire il ricambio generazionale nella pesca, incentivare la transizione ecologica e migliorare la competitività delle nostre imprese ittiche. In questo percorso, fondamentale è il ruolo delle associazioni di settore, che sosteniamo attivamente per promuovere buone pratiche, rafforzare la rete territoriale e tutelare il patrimonio culturale legato al mare”.
Oggi, stando ai dati di Confcooperative Fedagripesca, i pescatori che lavorano a bordo dei pescherecci sono circa 22.000, di cui circa 19.000 a tempo pieno, mentre dieci anni fa erano 30.000. “In Italia il settore ittico vale circa un miliardo e mezzo di euro, il 17,5% del sistema europeo nel suo complesso - spiega Anna Manca, presidente Confcooperative Liguria e vicepresidente Confcooperative Nazionale - il settore sta vivendo un momento di grande difficoltà, dovuto in parte al mancato ricambio generazionale e in parte agli effetti del cambiamento climatico, che ha ridotto del 30% il potenziale di pesca e per il quale si stima un impatto di due miliardi di euro nell’arco dell’ultimo decennio”. Sfide che, secondo Manca, potrebbero anche aprire nuovi spiragli, a patto che “si investa in formazione, ricerca e innovazione”.
“È semplice: se il mare non è in salute, i pesci scompaiono. E senza pesci, non può esserci pesca - sostiene Nappini - il fulcro della questione, dunque, sta nella gestione sostenibile del mare, che passa da un’amministrazione attenta delle risorse ittiche, dalla tutela dei fondali marini e dalla salvaguardia della biodiversità. È su questi aspetti che devono concentrarsi sia le politiche pubbliche sia l’impegno dei cittadini, spesso consapevoli del valore del mare solo durante le vacanze. Questa è la vera priorità: senza un ripristino degli ecosistemi marini, non c’è futuro”. Ma non tutta la pesca è uguale, a cominciare dai metodi di cattura fino ad arrivare alle conseguenze sull’ambiente e sugli stock ittici.
I dati sul settore pesca in Italia, pubblicati a ottobre del 2024 sul sito della Camera dei Deputati, rivelano, infatti, che la flotta da pesca italiana operante nel Mediterraneo è per il 71% composta da imbarcazioni che praticano la pesca artigianale, cioè di lunghezza inferiore a 12 metri e stazza lorda sotto alle dieci tonnellate, prive di attrezzi trainati e che navigano entro le venti miglia dalla costa. Ma se si guarda al numero di catture e al loro valore economico, il quadro è ben diverso: dominano la pesca a strascico e i rapidi, che, con 37.600 tonnellate, contribuiscono per il 28% alle catture della flotta nazionale, percentuale che aumenta al 43% con riferimento al valore della produzione. Tecniche che catturano in maniera indiscriminata esemplari giovani e adulti, incrinando la catena riproduttiva e distruggendo fondali, habitat marini e biodiversità acquatica. Da tempo, Slow Food ha avviato un percorso di promozione della piccola pesca artigianale e lo dimostrano i tanti Presìdi avviati in diverse aree d’Italia che tutelano non soltanto specifici pesci o molluschi, ma tipologie di cattura: dalla Liguria (nel golfo di Noli) alla Sicilia (nel golfo di Selinunte e sullo Stretto di Messina), dalla Toscana (Isola del Giglio e laguna di Orbetello) alla Puglia (Torre Guaceto, Secche di Ugento e Porto Cesareo), fino al lago Trasimeno.
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