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TRA “STELLE” E BUSINESS

Ristoranti, la ricetta perfetta? Investire su qualità e personale ed empatizzare con il cliente

In “Accademia Gualtiero Marchesi” talk con gli chef Sironi e Berton e i manager del food Grossi e Castelli: l’equilibrio tra immagine e sostenibilità
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Ristoranti, il delicato equilibrio tra immagine e sostenibilità economica (ph: Pixabay)

Macaron, stelle, cappelli, forchette, ma anche “esperienziale”, “innovativo”, “avanguardistico”. Il vocabolario della comunicazione food degli ultimi vent’anni è tutto basato su simbologie e termini che puntano i riflettori quasi esclusivamente sulla narrazione della ristorazione. Sullo sfondo, sfuocati affinché risultino impercettibili, i temi della gestione della sostenibilità economica e dell’imprenditorialità. Si racconta una storia, piacevole e coinvolgente, ma non si approfondiscono gli argomenti che la rendono possibile. Un vuoto contenutistico e culturale alla base - secondo l’Accademia Gualtiero Marchesi - dell’attuale grande crisi della ristorazione italiana in perenne precario equilibrio tra immagine e sostenibilità dell’impresa. Se ne è parlato nel talk “Ma quanto mi costi ? Sostenibilità economica nella ristorazione: di sole stelle non si sopravvive”, organizzato, nei giorni scorsi, dall’Accademia ed a cui hanno partecipato gli chef Elio Sironi (Ceresio 7), Andrea Berton (Ristorante Berton), Giampaolo Grossi (Ceo Gruppo Giacomo) e Sergio Castelli (Ceo Areas Italia e Germania). Un dibattito serrato tra cuochi e manager, volto all’individuazione di un futuro in cui la qualità e la redditività non siano visti come poli opposti: “in Italia c’è la percezione che se cucini per grandi numeri allora non fai cibo di qualità, ma non è vero - ha detto Elio Sironi, chef del ristorante “Ceresio7” di Milano - siamo noi che dobbiamo preservare la qualità. Abbiamo 42 dipendenti, serve organizzazione. Cucinare è facile, la sfida è trovare l’empatia e la sintonia con il cliente. A volte ci si sofferma su quanto costa un prodotto, io penso quanti soldi potrò fare utilizzando quel prodotto. Già da chef si deve ragionare da imprenditori - spiega - oggi se non sai fare bene la spesa fai fatica a sostenere l’attività e non ci si improvvisa più ristoratori come magari si faceva un tempo, ora va tutto calcolato. Io seleziono i prodotti che a me piacciono e non cucino niente che non mangerei io”.
Molti si chiedono poi se la cucina “stellata”, come viene definita, con i suoi costi altissimi, tanto per chi la produce che per chi la “consuma”, sia davvero sostenibile economicamente. Ma la prospettiva deve essere diversa. “Noi non lavoriamo per ricevere le stelle Michelin, ma per cucinare nella maniera in cui vogliamo - sottolinea Andrea Berton, chef Ristorante “Berton” di Milano - la passione è certamente un fattore che spinge molto, ma io devo anche pensare a fare l’imprenditore: ho 24 dipendenti e i fornitori da pagare. La sostenibilità economica racchiude tanti aspetti, non si tratta solo di preparare un piatto: il ristorante è come un’azienda”. Per gli stellati, secondo Berton, c’è un problema a livello comunicativo: “c’è la percezione che questo tipo di ristorazione sia inaccessibile a livello economico. In realtà si tratta di un settore come un altro: ci sono camicie da 20 e da 200 euro, ma nessuno fa la pulce alla camicia da 200 euro, però al piatto che costa 50 euro sì, perché?!” .
E se lo chef non riesce ad essere anche imprenditore quale contributo può fornire un manager professionista? “L’obiettivo è far stare bene il team che lavora in cucina, senza rinunciare alla semplicità - racconta Giampaolo Grossi, ceo “Giacomo”, gruppo che coordina una rete di ristoranti di alta qualità - io analizzo i numeri e gestisco le persone. Punto molto sulla formazione del personale: la domanda che mi faccio sempre non è quanto mi costa, ma quanto sto investendo. Essere chef-imprenditore non è per niente facile, bisogna sempre ragionare a 360 gradi”.
“Noi viviamo con uno scontrino medio di 2,94 euro. Pensiamo al format e poi come industrializzarlo. Oggi in un format, il prezzo è determinato dall’esperienza - afferma Sergio Castelli, ceo Areas Italia e Germania, società tra i leader mondiali nel food travel retail - non conta più solo la qualità: è come impiatti, con quale piatto, come servi, la gentilezza del cameriere, il sapore che ti rimane. Bisogna sempre essere bravi a rispondere alle esigenze del cliente, qualunque esso sia”.

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