02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

SANGIOVESE, SAGRANTINO, NEBBIOLO: DOPO I VINI ANCHE I VITIGNI ITALIANI ALLA CONQUISTA DEL MONDO? “I TEMPI NON SONO MATURI PER UN “BOOM”, MA IN UN LUNGO PERIODO E CON STUDI INTELLIGENTI QUESTO POTREBBE CAMBIARE”. PARLA IL PROFESSOR MARIO FREGONI ...

Italia
Il professor Mario Fregoni, docente di viticoltura all'Università di Piacenza

Sangiovese, Sagrantino, Nebbiolo: l’Italia oltre che a esportare vini, da qualche tempo esporta all’estero anche alcuni dei vitigni più prestigiosi della Penisola. Ci sarà un tempo in cui i nostri vitigni di punta affiancheranno i vari Merlot, Pinot e Cabernet nella categoria degli “internazionali”, aumentando il peso dell’italianità nei vigneti di tutto il mondo?

Secondo il professor Mario Fregoni, ricercatore e ordinario di Viticoltura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e voce autorevole della viticoltura al livello mondiale, i tempi per un vero e proprio boom in questo senso non sono ancora maturi.

“È gia da tempo - dice a Winenews - che alcune varietà vengono coltivate in altri paesi, dove ci sono gli italiani. Per esempio in Argentina ma anche in altri paesi dell’America Latina, la Barbera, la Bonarda o il Dolcetto sono varietà conosciute ,così come il Nebbiolo. Più recentemente c’è stato il fenomeno del Sangiovese in California, cha ha raggiunto un certo numero di ettari, però, almeno per adesso, sono sempre superfici molto limitate”.

Perché i vigneti italiani per ora non conquistano quello spazio che, invece, si sono conquistati i vini?

“Questo avviene - precisa Fregoni - perché i nostri “importatori” di varietà non conoscono le esigenze climatiche, e in particolare quelle pedologiche, non conoscono poi le caratteristiche di lavorazione e di trasformazione per ottenere dei vini interessanti da queste uve. Io non credo che, almeno a breve termine, ci sia un grande boom di queste nostre varietà. In più “parlano” italiano, e questo comporta il fatto che non siano molto gradite in certi ambienti dove sono abituati a nomi esotici e in particolari francesi o tedeschi e così via”.

Se invece si guarda in tempi più lunghi, e magari diffondendo queste conoscenze, per l’Italia del vino si potrebbe profilare un successo anche dal punto di vista della diffusione nel mondo delle sue varietà di uva?

“Non posso prevedere il futuro, ma è possibile che le cose cambino. Ma ho fatto sempre presente, in diverse conferenze un po’ in tutto il mondo, elencando anche le varietà italiane più interessanti, che bisogna che l’importazione sia accompagnata da uno studio intelligente delle caratteristiche climatiche, pedologiche e idriche dei terreni, in modo che le uve vengano collocate in terroir adatti.

“Anche noi - conclude il professor Fregoni - dovremmo fare questo sforzo, se vogliamo che il vino nel mondo parli italiano, perché è attraverso il nome della varietà italiana che noi potremmo far conoscere di più i nostri vini”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli