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“SE LE API SI ESTINGUONO RISCHIAMO UNA CARESTIA MONDIALE”: COSI’ L’ETOLOGO GIORGIO CELLI DESCRIVE IL GRAVE SCENARIO CONSEGUENTE ALLA DEFINITIVA SCOMPARSA DEI PREZIOSI INSETTI, CHE IN ITALIA SONO GIÁ DIMINUITI DEL 40-50%

“Se le api dovessero davvero estinguersi l’umanità rischierebbe una carestia a livello mondiale”: così il famoso etologo Giorgio Celli descrive il terribile scenario conseguente alla definitiva scomparsa dei preziosi insetti. Un pericolo sempre più reale, se si considera che in Italia le api sono già diminuite del 40-50%, e il grido d’allarme degli apicoltori è lo stesso in tutti i Paesi del mondo. Giorgio Celli, docente all’Istituto di Entomologia “Guido Grandi” nell’Università di Bologna e coordinatore di un gruppo di ricerca sulle alternative ai pesticidi in agricoltura e sull’ape come organismo indicatore dell’inquinamento ambientale, spiega: “la scomparsa delle api avrebbe come effetto immediato una grave crisi nell’agricoltura, che portata alle estreme conseguenze potrebbe causare una carestia mondiale”.
Basti pensare infatti che oltre un terzo delle coltivazioni da cui dipende la nostra alimentazione sono impollinate attraverso il lavoro delle api: mele, pere, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia e girasole, come pure la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla. Ma le api sono utili anche per la produzione di carne, grazie all’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento.
“Poiché una delle principali cause della strage delle api sono i pesticidi utilizzati in agricoltura - conclude Celli - è giusto che gli apicoltori chiedano alle istituzioni di essere tutelati nel proprio lavoro, che in un regime di democrazia devono poter svolgere senza interferenze”.
Anche Hubert Ciacci, presidente della “Settimana del Miele”, dal 12 al 14 settembre a Montalcino, ovvero gli “Stati Generali” dell’apicoltura italiana, è pessimista: “se le api scompaiono saremmo costretti ad impollinare a mano molte coltivazioni, come già accade in certe zone della Cina in cui le api sono ormai estinte. Ogni giorno migliaia di braccianti agricoli si armano di piccoli pennelli e salgono sugli alberi per fare il lavoro delle api: una situazione apocalittica ben descritta dal documentario americano “Silence of the bees” (Il silenzio delle api). La conseguenza inevitabile sarebbe ovviamente una folle impennata dei prezzi di frutta e verdura: una mela così prodotta potrebbe costare anche 50 euro. Ecco perché è gravissimo che ancora nulla si faccia per eliminare il micidiale impatto ambientale sulle api dei nuovi e potentissimi insetticidi irresponsabilmente autorizzati dalle autorità nazionali e irrorati copiosamente nelle nostre campagne: in Italia si impiega oltre un terzo del totale degli insetticidi utilizzati nell’intera Europa”.
In Italia nel settore dell’apicoltura operano ben 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari, per un business di 60 milioni di euro, che arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all’agricoltura.

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