In vista del primo weekend con gran parte dell’Italia in zona gialla, con spostamenti liberi e la possibilità di pranzare e cenare al ristorante, se pur solo all’aperto, sperando in un clima che non sembra così clemente, continuano le polemiche su alcuni punti normativi che riguardano il settore, dal divieto stabilito di consumare caffè e altro al banco del bar, fino all’utilizzo, consentito o meno, dei bagni dei locai aperti. “Il divieto di consumazione al banco è privo di fondamento giuridico e sanitario. Se il Governo non vuole contraddire sé stesso, dovrebbe chiarire una volta per tutte e in maniera inequivocabile che bere un caffè al banco e mangiare un croissant è possibile e, con il giusto distanziamento interpersonale, privo di rischi. Ci aspettiamo che si metta subito mano ad un intervento che ristabilisca la possibilità di consumare al banco”. A distanza di quattro giorni dall’entrata in vigore effettiva del Dl Riaperture, Fipe-Confcommercio accende un riflettore sul tema delle consumazioni al banco, da sempre consentite in zona gialla, non esplicitamente vietate dal nuovo decreto, ma impedite da una circolare, diffusa il 24 aprile dal Viminale. Una circolare con la quale, secondo la Fipe, “si mette al bando un consumo pratico, veloce e sicuro particolarmente apprezzato dai consumatori anche per la sua economicità”.
“Siamo di fronte a un doppio paradosso - sottolinea Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Federazione italiana dei Pubblici esercizi - dall’inizio della pandemia ci hanno spiegato che il virus si trasmette in seguito a contatti prolungati, ravvicinati e non protetti. Eppure ora si vieta il consumo al banco, che per sua natura è estremamente rapido. Il secondo paradosso è che, in base a quanto stabilito dal decreto appena entrato in vigore, dal primo giugno si potrà riprendere il consumo ai tavoli anche al chiuso. Curiosamente però, stando alle indicazioni del Viminale, non al banco. Questo - conclude Cursano - è un attacco al modello del bar italiano, che noi vogliamo invece difendere lanciando una campagna a livello nazionale.
Un modello, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, fatto di caffè bevuti velocemente, al bancone, tra una pausa e l’altra e accompagnati al massimo da un salato o un dolce. Un’abitudine per milioni di italiani che è linfa vitale per i 144.000 bar del nostro Paese che dall’inizio della pandemia hanno registrato una perdita di fatturato di 8 miliardi di euro e una riduzione della forza lavoro pari a 90.000 persone”. Intanto, in queste ore ci comprensibili polemiche dopo un anno e più di chiusure e una ripartenza quanto meno zoppa, che taglia fuori dalla possibilità di riprendere il servizio al tavolo la metà dei locali italiani, che non hanno spazi all’aperto (e mentre ancora non c’è traccia del nuovo decreto per sostegni e ristori, ndr), e di norme spesso contraddittorie e fumose, uno dei temi che ha tenuto banco è stato quello del possibile uso o meno dei servizi igienici. Secondo alcuni organi di stampa, la normativa prevedrebbe che l’uso di bagni “non è consentito, salvo casi di assoluta necessità”, con le Prefetture che si toverebbero tempestate di chiarimenti in materia.
Eppure, sul sito del Governo, nella sezione dedicata alla “Faq”, sul decreto del 22 aprile, l’interpretazione, almeno in questo senso, per chi è in zona gialla, appare assai chiara: “l’ingresso e la permanenza nei locali da parte dei clienti sono consentiti per l’uso dei servizi igienici, per effettuare il pagamento del conto (ove non fosse possibile effettuarlo all’esterno) o per acquistare i prodotti per asporto, per il tempo strettamente necessario a tali necessità e sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio. Non sono comunque consentiti gli assembramenti”.
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