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STUDIO

Studiare il rapporto tra varietà e territorio per valorizzare le peculiarità dell’uva

Il progetto del Consorzio dell’Ovada Docg sul Dolcetto: focus su antociani, tannini e tecniche di macerazione

Per produrre il miglior vino possibile non basta conoscere l’uva che si porta in cantina, o i propri vigneti, ma è importante indagare a fondo le infinite interazioni con il territorio, e quindi con la terra, in cui una certa varietà è allevata, perché il risultato non è mai frutto della casualità, e c’è sempre qualcosa da imparare e da migliorare, in vigna e in cantina. I risultati del progetto “Increase Ovada Docg”, voluto nel 2020 dal Consorzio dell’Ovada Docg, insieme all’Università degli Studi di Torino e alla Fondazione Agrion ed a 15 aziende dell’areale di produzione, con oltre 210 ettari rappresentati, coinvolte nelle annate 2020 e 2021, focalizzato sulla caratterizzazione delle uve Dolcetto e lo studio di tecniche produttive per la valorizzazione dei relativi vini, ad esempio, mostra come le uve Dolcetto destinate alla produzione di Ovada Docg mostrano quantitativi mediamente elevati di antociani (998 mg/Kg), di cui la maggior parte composte da forme molto stabili (malvidina, 50% del profilo, forme cumarate 19% del profilo), e di una composizione tannica non elevata (1228 mg/kg di flavanoli reattivi alla vanillina espressi in catechina, FRV), anche se questi ultimi sono molto variabili a seconda delle due annate e possono raggiungere livelli elevati, che si ripercuotono in termini di astringenza e amaro nei vini.
Ciò determina che le caratteristiche delle uve possono essere una conoscenza molto utile al momento della vendemmia, in modo da poter agire con diverse strategie di macerazione. Tra queste, le prove aziendali di durata della macerazione e di svinacciolatura possono influire in termini importanti nella composizione tannica: ad esempio, portare la macerazione da 7 a 21 giorni porta ad un aumento del 21% di FRV, mentre la rimozione dei vinaccioli in fermentazione porta al 33% in meno di essi. Queste tecniche possono essere quindi modulate in base alle caratteristiche delle uve evidenziate dalle maturità fenoliche, che si sono viste molto influenzate dell’annata.
“Il progetto si è dimostrato molto interessante, basato su annate diverse tra loro. Dallo studio, che contribuirà a formare ulteriormente i produttori, emerge la conferma del fatto che l’uva Dolcetto di queste zone è peculiare dal punto di vista della composizione fenolica e occorre un progetto di vinificazione che sia calzato sulle caratteristiche delle uve”, commenta il professor Vincenzo Gerbi, Ordinario di Viticoltura e Enologia all’Università degli Studi di Torino.

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