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SCENARI ENOICI

Tasse e economia mondiale in frenata preoccupano l’industria del vino. Anche più del climate change

Così il “Prowein business report 2019”. Scandinavia e Asia i mercati più attrattivi. Ma i Paesi top del vino guardano al futuro con scarso ottimismo
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Tasse e economia mondiale in frenata preoccupano l’industria del vino. Anche più del clima

Le politiche legate alla salute che prevedono tasse sui prodotti alcolici (61%), il rallentamento dell’economia mondiale (55%), il cambiamento climatico (50%), la scarsa marginalità della industria enoica (46%), la restrizione delle regole sulla pubblicità per il vino (40%), le guerre commerciali internazionali (40%), la crescente concorrenza di birra e spirits (32%), la Brexit (22%) ed, infine, la competizione con la cannabis (13%): ecco, nell’ordine, le principali sfide e preoccupazioni nei pensieri dei protagonisti del business del vino, oltre 1.700 esperti da 46 Paesi del mondo, dalle cui risposte è costruito il “ProWein Business Report” 2019, lo studio voluto dalla fiera internazionale del vino, firmato dall’Università di Geinsenheim. Che, oltre ad un approfondito focus sugli aspetti legati al climate change, all’adattamento e alla sostenibilità ambientale, che sono alcune delle tematiche più sentite dal settore (e che secondo molti impatteranno sui livelli di produzione, sullo stile dei prodotti, ma anche sui costi e sui margini, ndr), ha indagato anche quelli che, secondo gli operatori (produttori, importatori, distributori e così via), saranno i mercati più attrattivi nell’immediato futuro. E tra questi, al top emerge la Scandinavia, con Svezia, Danimarca e Norvegia che si pongono in testa alla classifica, al pari di Giappone, Cina ed Hong Kong (con un punteggio i 0.95, quando il massimo è 2), seguiti da Usa, Canada e Polonia. Mentre le attese maggiori, per il futuro, in termini di attrattività, sono tute per mercati ancora non maturi, o non del tutto, come Corea del Sud, gli stessi Cina ed Hong Kong, ma anche Brasile, Polonia, Russia e Giappone. Mentre le maggiori difficoltà, secondo gli operatori, saranno nel Regno Unito, in Francia ed in Germania, mercati strategici e strutturali per il business enoico, ma destinati a vivere anni di stanca nel prossimo futuro. In testa alla lista dei mercati emergenti in cui gli operatori vedono maggiore potenziale, invece, ci sono Singapore, Taiwan, Repubblica Ceca e India.
Ma, nel complesso, emerge un quadro del vino di certo non ottimistico, ma con qualche differenza tra i principali Paesi produttori. In Francia e Spagna, ma anche in Germania, per esempio, il quadro economico del 2019, secondo gli operatori, è tutto sommato migliore di quanto ci si potesse aspettare, ma per il 2020 molti si aspettano un peggioramento sensibile. Un trend simile a quello dell’Italia, dove, però, un 2019 che, finora, non sembra aver dato i risultati sperati, non ci si aspetta, nell’immediato, un declino importante della situazione.
Le sfide economiche poste dal raffreddamento dell’economia globale e dalle barriere commerciali, dunque, si riflettono anche sulle aspettative di sviluppo economico per il 2020. Inoltre, dopo l’abbondante vendemmia del 2018, “il mercato - spiegano gli autori dello studio - si è improvvisamente spostato da uno stato di carenza ad uno stato di eccesso di offerta, prova di una cresciuta volatilità del mercato. A seguito degli aumenti dei prezzi per lo scarso raccolto del 2017, nel 2019 i prezzi delle materie prime hanno subito un forte calo a livello mondiale ed alla fine del 2019 le scorte erano ancora superiori alla media. Questo doppio onere derivante dall’elevata offerta e dal rallentamento della domanda si riflette chiaramente sulle aspettative in calo, dei vari produttori”. Un quadro a tinte fosche che racconta di quanto, al di là di lustrini e paillettes, il mondo del vino sia sempre più complesso, competitivo e difficile.

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