Anno 2023, vent’anni esatti dall’inizio della pandemia che, da un semplice fungo, sta velocemente trasformando l’umanità in zombie. Il plot non è troppo dissimile da tante altre storie che da decenni stuzzicano la fantasia di sceneggiatori, registi, fumettisti e, ovviamente, produttori di videogame. È lo spunto da cui è nato anche “The Last of Us”, adattamento televisivo dell’omonimo videogioco del 2013 che, in poche settimane, ha raggiunto numeri esorbitanti, in Usa come in Italia. Prodotta da Sony Pictures Television per HBO, con un investimento di ben 100 milioni di dollari per i 9 episodi della prima stagione, la serie ruota intorno al viaggio, atroce e sfiancante, di Joel Miller (Pedro Pascal), che ha l’incarico di portare fuori dalla zona di quarantena la giovane Ellie Williams, che non ha conosciuto il mondo prima dell’apocalisse.
Alle loro vicende, tante se ne intrecciano, ma solo un filo narrativo viene svolto in maniera indipendente, dall’inizio alla fine. È la storia di Bill e Frank, una parentesi di strana normalità, dove la fragilità umana e l’amore prendono il sopravvento sul catastrofismo. La fine, però, è vicina anche per loro, e nella loro ultima sera, decidono di regalarsi una cena ... pre pandemica. Con una buona bottiglia di vino, la cui etichetta non è sfuggita all’occhio dello spettatore più attento: non è visibile l’annata, ma è il Brunello di Montalcino di Col d’Orcia.
Product placement raffinato? Non proprio, perché secondo gli esperti di tv e comunicazione Usa sarebbe stata una semplice scelta, di buon gusto, degli sceneggiatori Craig Mazin e Neil Druckmann.
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