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VINO E TERRITORI

Toscana in etichetta, il Nobile di Montepulciano segna la rotta

Dalla perla del Rinascimento si guarda ai mercati del mondo con la forza del brand regionale e del territorio. E, con una vendemmia 2019, a 5 stelle

Perla della Toscana del Rinascimento, Montepulciano, con il suo vino Nobile, è uno dei diamanti del vino del Granducato. Vino antico, già cantato dal Redi, medico, il più alto in grado nel Granducato di Toscana, con la famiglia Medici, e letterato nel 1685 definiva “d’ogni vino è il Re” nell’opera “Bacco in Toscana”. Terra natale di quell’Agnolo Poliziano che fu alla corte di Lorenzo il Magnifico e precettore della famiglia Medici, terra ospitale per quell’Antonio da Sangallo il Vecchio artefice del Tempio di San Biagio, da sempre luogo in cui il vino si è interecciato alla storia, oggi vede cantine moderne e tecnologiche convivere a fianco di antiche grotte etrusche, di cantine medievali e rinascimentali il cui il vino Nobile affina e riposa. Prima Docg d’Italia, 40 anni fa esatti, per decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, con il Consorzio che custodisce la prima fascetta Docg del vino italiano, la serie AA n° 000001, la denominazione è la prima che, per il suo Vino Nobile, per il Rosso e per il Vinsanto di Montepulciano, ha deciso di inserire in etichetta, obbligatoriamente, anche il nome Toscana, già di per sé uno dei brand più conosciuti ed affermati nel mondo, del vino e non solo. Una denominazione che celebra un’altra annata a 5 stelle, la 2019, svelate oggi nell’Anteprima del Vino Nobile. Ma, soprattutto una Denominazione che ha dato una svolta alla sua storia, con l’aggiunta obbligatoria, per Nobile, Rosso e Vinsanto di Montepulciano, del fortissimo brand Toscana in etichetta. Idea nata per distinguersi, una volta per tutti, dal Montepulciano d’Abruzzo, vino diversissimo dai Sangiovese di Montepulciano, dove l’uva regina della Toscana si chiama “Prugnolo Gentile”, ma diventata poi scelta strategica per i mercati, dove la forza della Toscana come marchio sarà grande valore aggiunto. Una strada, quella aperta da Montepulciano, che potrebbe essere seguita, presto, da tanti altri territorio del vino. “È stata la prima buona notizia del 2020 - sottolinea a WineNews Andrea Rossi, presidente Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano e della Vecchia Cantina - due anni fa è partita questa idea per distinguersi dal Montepulciano d’Abruzzo, poi abbiamo maturato la consapevolezza che il brand toscana può dare un grande valore aggiunto al nostro vino sul mercato, e forse questo aspetto è quello che più ha convinto tutti i produttori. Sappiamo tutti che nel mondo Toscana è facilmente collocabile dal punto di vista geografico, sappiamo tutti che nel mercato nordamericano che è il nostro primo obiettivo la Toscana è per tutti il viaggio dei desideri, ci aspettiamo che mettere toscana in etichetta favorisca comunicazione e commercio del nostro prodotto”.
“Non è un pagliativo per risolvere il problema con il Montepulciano d’Abruzzo - sottolinea Andrea Lonardi (Bertani Domains), che, nel territorio, possiede Val delle Rose - Toscana è come dire Bordeaux, oggi, bisogna pensare ad un concetto di sistema. A Bordeaux si può bere un Saint-Émilion o un Saint-Estèphe, e poi c’è Bordeaux. Il valore del marchio Toscana potrebbe essere questo, con identità territoriali diverse che potrebbero giocare con reciproco interesse”.
“Aggiungere Toscana in etichetta è importante, vuol dire rafforzare la nostra identità territoriale, l’appartenenza”, rilancia Caterina Dei, alla guida delle Cantine Dei, a cui fa eco Federico Carletti di Poliziano: “è una scelta complessiva, sia per eliminare la confusione con Montepulciano d’Abruzzo, sia strategica, approvata anche da tutti gli altri consorzi che non si sono opposti. E magari qualche altra denominazione seguirà questa scelta strada”.
“Chiaramente siamo partiti dalla quelle sul Montepulciano d’Abruzzo - racconta Andrea Contucci della Cantina Contucci - poi è evidente che c’è anche l’unione di due brand forti, Toscana e Nobile di Montepulciano, e da questo ci aspettiamo molto, e sarà un vantaggio soprattutto anche per il consumatore. Siamo ottimisti, poi vedremo come risponderà il mercato”.
“Ora non ci si può più confondere, perchè il Nobile è sempre stato in toscana, e Toscana è un grande brand”, ribatte Antonio Michael Zaccheo Jr., alla guida di Carpineto, mentre per Nicolò De Ferrari di Boscarelli, “è sicuramente un valore aggiunto, speriamo che sia un’idea ben recepita e che funzioni”.
“Finalmente capiamo che fare sistema di territorio è importante, dire al mondo che il Nobile di Montepulciano è Toscana è molto importante, oltre che distinguersi dall’Abruzzo”, dice Vincenzo Tassinari delle Tenute del Cerro, mentre secondo Adriano Annovi della Tenuta Lunadoro del Gruppo Schenk, “Toscana è un traino nel mondo, e porterà benefici”.
“Abbiamo ragionato molto su questo tema - aggiunge Luca Tiberini della cantina Tiberini - abbiamo pensato e creduto che puntare tutto sull’importanza del brand Toscana fosse una strada importante, e non solo per noi a Montepulciano”.
Un percorso nuovo che parte, dunque, per la prima Docg d’Italia, che oggi esprime un valore, tra patrimonio, fatturato e produzione, intorno ad 1 miliardo di euro, partendo dai 65 milioni di euro in cui è stimato il valore medio annuo della produzione vitivinicola, senza contare che il 70% dell’economia locale è indotto diretto del vino.
Una cifra importante per un territorio nel quale su 16.500 ettari di superficie comunale, 2.000 ettari sono vitati, ovvero il 16% circa del paesaggio comunale è caratterizzato dalla vite. Di questi 1.377 sono gli ettari iscritti a Vino Nobile di Montepulciano Docg, mentre 571 gli ettari iscritti a Rosso di Montepulciano Doc. A coltivare questi vigneti oltre 250 viticoltori (sono 90 gli imbottigliatori in tutto, dei quali 78 associati al Consorzio dei produttori). Nel 2019 sono state immessi nel mercato 6,2 milioni di bottiglie di Vino Nobile e 2,6 milioni di Rosso di Montepulciano. Destinate ad un mercato che, per il Nobile, è al 78% export, con la Germania che, da sola, vale il 43% di tutte le esportazioni, davanti agli Usa con il 22%, con i vini della denominazione che, però, allargano le loro frontiere sempre più verso l’Asia, ma anche in Canada. Mentre, nel mercato italiano, cresce, anche grazie al traino enoturistico, la vendita diretta in azienda, che muove più di 1 bottiglia su 5 di quelle destinate al mercato domestico.

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