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“Tra il 1997 e il 2012 l’85% della proprietà di Zonin1821 è diventata di noi fratelli Domenico, Francesco e Michele, e con l’azienda vinicola, che è solida e guarda al futuro, l’inchiesta PopVi non c’entra nulla”. A WineNews parla Francesco Zonin

Poco meno di 200 anni di storia alle spalle e lo sguardo aperto sul futuro, forte di una realtà solida e proiettata nel mondo come non mai, con la tranquillità di un passaggio generazionale ormai consolidato nel tempo, nei fatti ben da prima del 2014, quando è stato definitivamente formalizzato, e che fa dire con forza, dopo le notizie dei giorni scorsi, che “la Zonin1821 prosegue il suo percorso di crescita in Italia e nel mondo, e con le inchieste sulla Popolare di Vicenza non c’entra nulla, per più motivi. Il primo è che, in diversi passaggi di quote tra il 1997 e il 2012, oltre l’85% delle quote societarie è in mano a Domenico Zonin, Presidente, a me e a Michele, Vicepresidenti, in parti uguali, da buoni fratelli, mentre le indagini riguardano una persona, Gianni Zonin, che dell’azienda è socio di minoranza con meno del 10% (le restanti sono divise tra la madre di Domenico, Francesco e Michele, Silvana Zuffellato, e Giuseppe e Lorenzo Zonin, zio e cugino dei tre fratelli, ndr). E poi perchè la PopVi non è stata mai la banca di riferimento della nostra azienda vinicola, ma una delle tante con cui abbiamo lavorato”. Così a WineNews Francesco Zonin, Executive Vice President e da oltre 10 anni responsabile dell’area commerciale, comunicazione e marketing della realtà vitivinicola. “Le inchieste facciano il loro corso, da figlio non posso che dirmi dispiaciuto per mio padre - sottolinea Francesco - ma da imprenditore sono tranquillo: se ci sarà qualche problema sulle ultime quote di nostro padre, eventualmente, ne risponderà chi ne dovrà rispondere, ma Zonin1821 non c’entra nulla e, in ogni caso, non risentirà in alcun modo di una vicenda che le è estranea”.

Una storia, quella della Zonin1821, oggi prima realtà privata del settore enoico del Belpaese, che coincide in buona parte con quella del vino italiano. Tutto nasce con il vigneto di famiglia a Gambellara, datato 1821 che, un secolo dopo, nel 1921, sotto l’impulso di Domenico Zonin, zio di Gianni, diventa “fonte di reddito - racconta Francesco - con la nascita effettiva della Zonin1821 voluta dallo zio Domenico. Tornato dalla guerra, partiva ogni giorno con la sua bicicletta e andava a vendere il vino in zona; così, in un breve periodo, Zonin diventa nome di riferimento territoriale della vendita di vini, spumanti e liquori”.
Successivamente a questa “fase 1” della storia aziendale, con l’ingresso di Gianni Zonin, che diventa Presidente della casa vinicola nel 1967, dopo 10 anni di crescita interna, viene dato il via ad una nuova fase di sviluppo “grazie a intuizioni pionieristiche per l’epoca, come acquistare aziende in diversi territori italiani, con le denominazioni che erano ancora tutte giovanissime, come puntare sui vitigni autoctoni e soprattutto non pensare a un marchio ombrello per tutte le tenute, ma al far camminare ogni realtà sempre sulle proprie gambe”.
E così, con molto lavoro, una dopo l’altra, arrivano Ca’ Bolani in Friuli Venezia Giulia, nel 1970, poi Castello di Albola, nel Chianti Classico, nel 1979, Abbazia Monte Oliveto a San Gimignano, nel 1983, Castello del Poggio, in Piemonte, nel 1985, Oltrenero, nell’Oltrepò Pavese, nel 1987, Feudo Principi di Butera, in Sicilia, nel 1997, Rocca di Montemassi, in Maremma, di nuovo in Toscana, nel 1999, e Masseria Altemura in Puglia, nel 2000. Un percorso in cui la famiglia Zonin mette insieme più di 4000 ettari di terreni in 9 tenute in 7 Regioni italiane (oltre a Barboursville, in Virginia, Usa, acquisita nel 1976), per oltre 2000 ettari vitati e 54 varietà di vitigni autoctoni coltivate.
“E poi, “fase 3”, dal 2004, siamo entrati pian piano in azienda noi fratelli - seguita a raccontare Francesco - prima Domenico, poi io e infine Michele, che è il più giovane di noi tre. E non era scontato, perché in Zonin1821 non si entra per “diritto di successione”. Ognuno di noi ha fatto la sua gavetta fuori dall’azienda e all’estero, conoscendo il mondo e specializzandosi nei suoi settori. Domenico, per esempio, che si è occupato maggiormente della gestione vitivinicola, ha fatto esperienze in colossi come Gallo Winery, in America, o in cantine di eccellenza in Francia, come Château Lafite; io con diversi importatori tra cui Terlato, che ha fatto la storia del vino in Usa. Abbiamo imparato tanto e acquisito molte competenze che poi abbiamo portato in Zonin1821. Conquistandoci il rispetto di chi già ci lavorava. Abbiamo capito che eravamo responsabili, con tutti i collaboratori, di un potenziale enorme ma ancora non del tutto espresso. E piano piano sono cresciuti i nostri ruoli, come il nostro peso nella proprietà aziendale: abbiamo quindi avuto delega gestionale totale e nomina a vice presidenti nel 2006. Via via abbiamo introdotto diversi cambiamenti, gradualmente, senza rivoluzioni. Dalla gestione vitivinicola, a quella distributiva, dove abbiamo smesso di pensare a una rete divisa tra Italia ed estero e abbiamo iniziato a guardare al mondo, nel quale l’Italia è uno dei tanti mercati possibili. Tutto questo formando anche una squadra di giovani manager della nostra età, come Massimo Tuzzi, che oggi è il nostro amministratore delegato”.

E così si aprono nuovi mercati, come Canada, Scandinavia, Germania, dove in breve tempo Zonin1821 diventa leader, e si scelgono i primi “resident manager” in diversi Paesi, nasce la Zonin1821Usa, che cura direttamente l’importazione dei vini della famiglia Zonin negli States, a cui poi seguono esperienze analoghe in Inghilterra e a Shanghai, con la Zonin1821Uk e la Zonin1821China. Nel frattempo esplode anche il fenomeno Prosecco e il brand Zonin diventa uno dei player di riferimento pure in questo segmento, soprattutto nella fascia premium.
“Il risultato di tutti questi passaggi è che, in 10 anni, con investimenti sulla qualità dei vini, sulla rete vendita, sul marketing e sulla comunicazione, il fatturato complessivo di Zonin1821 passa da una quota export del 25% nel 2005, ad una dell’85% nel 2016, con un risultato di 196 milioni di euro, contro i 60 milioni di euro del 2005, e con le nostre bottiglie esportante i 110 Paesi”.
Una trasformazione importante e profonda, “in cui Domenico, Michele ed io, con tutto il team, abbiamo cercato di fondere l’identità italiana dell’azienda, che è imprescindibile, e una mentalità gestionale e di business che guarda alle migliori esperienze dell’imprenditoria globale, altrettanto importante in uno scenario complesso e articolato come quello di oggi”.
Un’anima internazionale che si vede anche negli ultimi progetti presentati, e che si affiancano a quello allora pionieristico di Barboursville Vineyards, come Dos Almas, in Cile, un brand nato dalla collaborazione con la famiglia Vial, che punta alla valorizzazione dei “migliori territori di quel paradiso enologico che è il Cile”, spiega Francesco Zonin, da Colchagua a Casablanca, fino a Maipo e, presto, anche Apalta, per un cru; fino alle “Wine Library”, “spazi che abbiamo scelto di ritagliarci nel mondo, all’interno di selezionati luoghi dell’accoglienza dove il vino non sia già il fulcro e in cui, per questa ragione, vogliamo diffonderne cultura parlando di Zonin1821, ovviamente, ma non solo”.
E così è nato il Wine House & Hotel 1821 a Edimburgo, in collaborazione con il ristoratore Sep Marini, “che, per amicizia e passione personale, ha voluto chiamare le camere della struttura con i nomi delle nostre tenute”; già altre realtà sono attive in Brasile, a San Paolo, e in Italia, a Gambellara e altre ne apriranno in Europa e non solo.
Ed il futuro è aperto: “se è vero che in passato la nostra famiglia ha sempre acquistato aziende non affermate e da costruire, quasi sempre in territori ancora da far conoscere, non è detto che domani questo non possa cambiare. Investiremo di certo ancora nel nostro network distributivo, magari anche internazionalizzando il nostro portafoglio. E poi continueremo a studiare i mercati come abbiamo sempre fatto. Se in generale è evidente che nei prossimi 15-20 anni il mercato evolverà sempre più nel segmento premium, tra i diversi Paesi strategici per tutti, diciamo che restano una conferma gli Usa, come gli altri grandi “classici” Germania, Regno Unito, Canada e, secondo me, anche Svezia e Australia, aree entrambe che stanno crescendo tanto. E ovviamente la Cina, che rimane enormemente complicata, ma sarà tra i mercati più importanti dei prossimi anni”.

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