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IL PUNTO

Tra inflazione, carenza di materiali ed emergenza lavoratori, il punto di vista delle cantine

A WineNews, parola alle aziende: i margini si assottigliano, e il ritocco dei prezzi non basta ad ammortizzare i costi. Eppure, vince la fiducia
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Le cantine italiane alle prese con inflazione e carenza di materiali e lavoratori

L’aumento dei costi delle materie prime, le difficoltà nel reperire materiali fondamentali per la filiera del vino, come bottiglie, tappi ed etichette, ma anche la crisi della manodopera, che diventa l’ennesima fonte di preoccupazione per i produttori del Belpaese. Sono tutte legate alle dinamiche macroeconomiche le sfide che le aziende, dopo una prima parte di 2022 decisamente incoraggiante in termini di vendite, sia in Italia che all’estero, si trovano ad affrontare, con poche ricette e molte speranze.

Nelle parole, a WineNews, di produttori e manager delle aziende leader del vino italiano - da Chiara Lungarotti (Lungarotti) ad Albiera Antinori (Marchesi Antinori), da Andrea Lonardi (Bertani Domains) a Michele Bernetti (Umani Ronchi), da Raffaele Boscaini (Masi) ad Angela Velenosi (Velenosi), da Giampiero Bertolini (Tenuta Greppo) a Stefano Capurso (Dievole), da Celestino Gaspari (Zymè) a Caterina Dei (Dei), da Tiziano Castagnedi (Tenuta Sant’Antonio) a Antonio Michael Zaccheo (Carpineto), da Giampaolo Speri (Speri) a Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana (Castello del Terriccio) e Francesco Liantonio (Torrevento) - emerge, prima di tutto, la consapevolezza di una dimensione globale del problema.

Le dinamiche inflattive vissute dall’Italia sono più o meno le stesse vissute da tutti i Paesi occidentali, e la risposta immediata, essenzialmente l’unica nelle possibilità degli imprenditori a breve termine, è quella che porta all’aumento dei prezzi delle bottiglie. Con i costi di produzione ormai fuori controllo, trainati dal costo dell’energia (il comparto che più di ogni altro sta pagando le conseguenze della scellerata invasione russa all’Ucraina) e di ogni sorta di materiale, i margini continuano ad assottigliarsi, e i fatturati rischiano di invertire la tendenza. Al contempo, l’inflazione galoppante, ormai all’8%, riduce il potere d’acquisto dei consumatori. Il sentiment diffuso, però, non è certo il disfattismo, ma la speranza - che accompagna da sempre il mondo del vino - di una rapida uscita da una spirale che si è abbattuta sull’economia mondiale senza avvertimenti, e che si spera possa aver raggiunto il suo apice prima di iniziare, finalmente, a sgonfiarsi.

“Continuiamo a vedere il bicchiere mezzo pieno”, dice Albiera Antinori, perché “usciti dalla pandemia le vendite sono andate davvero molto bene. Ci sono ombre lunghe all’orizzonte, come inflazione e rincari, che però riguardano tutto il mondo e tutti i settori, con impatti sui costi che, alla fine, faranno crescere anche i prezzi del prodotto finito, fa parte del contesto economico”. Per Chiara Lungarotti, invece, “è un mix esplosivo, ma come sempre ci si rimbocca le maniche e si va avanti, il vino non si è fermato neanche di fronte a momenti ben più difficili di questo”. Come ricorda Andrea Lonardi, “l’inflazione che galoppa, unita al costo del lavoro e delle materie prime in crescita, sono i grandi issues del 2022, che ci porteranno a fare anche dei ragionamenti non tanto sull’aumento dei prezzi di listino, quanto sul potenziale d’acquisto dei consumatori”. Quello dei prezzi delle materie prime “ è un aspetto che va monitorato, ci sono altri settori, come quello delle costruzioni, in cui si inizia a vedere un rallentamento della crescita dei prezzi, ma anche i costi di alcune attrezzature usate in vigna iniziano a ridimensionarsi, speriamo che la bolla sia al suo apice e che adesso si torni alla normalità”, commenta Michele Bernetti.

Rispetto alle preoccupazioni legate al costo di materie prime ed energia, “per quanto le aziende del vino non siano energivore”, secondo Raffaele Boscaini “non c’è molto che possiamo fare, perché sono dinamiche legate a comportamenti speculatori dell’uomo e dell’industria, e forse è ancora più preoccupante per questo”. Decisamente più angosciata Angela Velenosi, che parla di “situazione preoccupante, perché il vino italiano si era attestato in un segmento di prezzo ben preciso, e così rischiamo di diventare meno appetibili. Perderemo il valore aggiunto rappresentato dal rapporto qualità/prezzo, a vantaggio di altri Paesi che non vivono la nostra stessa situazione. Che ci auguriamo possa rivelarsi solo provvisoria, ma al momento non sappiamo dare risposte, coscienti che andremo a perdere marginalità nel 2022. La speranza è che arrivi una svolta, o quantomeno che l’inflazione si fermi qui. Il 2022, ormai, si preannuncia come anno difficilissimo, se continua così andiamo incontro ad altri aumenti di listino”. Costi in aumento e inflazione, secondo Giampiero Bertolini, “sono problemi immediati, ci sono aumenti a tutti i livelli, l’inflazione raggiunge l’8% in Italia ma galoppa ovunque, e le difficoltà maggiori arrivano dalla mancanza di previsioni per il domani. Affrontiamo il momento cercando di rivedere internamente tutte le criticità relative ai nostri acquisti, ma dovremo anche ripensare ad eventuali aumenti di prezzo per il prossimo anno, quantomeno per tenere la profittabilità in linea con quella attuale. La non prevedibilità delle tempistiche di questa dinamica inflattiva a medio termine è il vero problema, così come capire quanto pesi nei Paesi in cui esportiamo, a partire dagli Usa, dove l’inflazione era già arrivata all’8% tre mesi fa”.

L’aumento dei costi, sostiene Stefano Capurso, “genera dinamiche di medio periodo, e ci porta ad un’attenzione quasi maniacale agli acquisti e ad un approccio sui mercati rinunciatario in termini di marginalità. All’aumentare dei costi è piuttosto normale che aumentino anche i prezzi dei listini, ma per certi prodotti, quelli di fascia media, il rischio è che in molti mercati escano dalla fascia di prezzo ideale, e di conseguenza dal carrello del consumatore. In Usa, ad esempio, il Chianti Classico sugli scaffali è passato da 21 a 25 dollari se non oltre, con il rischio che il consumatore americano si rivolga a tipologie di prodotto alternative”. Più fatalista, ma non per questo meno critica, al contrario, la visione di Celestino Gaspari, che ricorda come “l’economia, tra inflazione e prezzi delle materie prime, mostra una curva come ne abbiamo vissute e viste tante in passato, in parte reale, in parte figlia di interessi e speculazioni, ma abbiamo la fortuna di essere in un settore che ci permette di muoverci sulla stessa onda, si tratta solo di riportare l’equilibrio che avevamo raggiunto precedentemente”.

La crescita dei prezzi, “sia sul fronte energetico che delle materie prime, dal vetro alla carta, porta ad una conseguente crescita dei costi di produzione, ormai elevatissimi”, aggiunge Caterina Dei. “Dobbiamo tenere conto anche di quantità inferiori prodotte dalla prossima vendemmia, che vuol dire un ulteriore assottigliamento della marginalità. Di positivo c’è che si producono vini di sempre maggiore qualità, un aspetto a cui il mercato è molto sensibile in questo momento”. Per Tiziano Castagnedi “la situazione economica è pesante: gli aumenti, non si sa quanto giustificati, delle materie prime come il vetro, i tappi e la carta, stanno creano difficoltà, anche perché ci hanno colti alla sprovvista, nessuno è stato in grado di prevederli, e gli aumenti dei listini, ad oggi, sono ancora insufficienti a compensare gli incrementi dei costi che stiamo affrontando”.

Il quadro economico attuale “è una problematica momentanea, ma speriamo che non duri troppo”, racconta Antonio Michael Zaccheo. “L’inflazione è ai livelli degli anni Ottanta, c’è scarsità di materie prime dovuta alla guerra in Ucraina e alle speculazioni. Legato alle problematiche economiche c’è poi un altro problema, quello della scarsità di personale, in punti nevralgici del settore vinicolo: si fa fatica a trovare personale, qualificato e non. La situazione è complessa, ma spero che sia passeggera”. Secondo Giampaolo Speri “Dal punto di vista economico la pandemia prima e la guerra dopo hanno avuto un impatto enorme. Sono due questioni spinose, le dinamiche economiche sono le più impreviste, ma ci stiamo già muovendo per uscirne, come sempre”.

A pesare, nella visione di Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana, “più che il costo, è la mancanza di materie prime, come vetro, sughero, ma anche le attrezzature di cantina, che sta diventando un problema, perché non permette di programmare il lavoro. Sono tutti cambiamenti che dovranno essere affrontati nel tempo per reagire a queste variabili che si stanno affacciando. La manodopera per noi non è un problema, possiamo contare su maestranze storiche, operai che sono figli e nipoti dei nostri operai, che conoscono l’azienda, i vini ed i vigneti, e rappresentano un forte valore aggiunto”. “L’inflazione e la mancanza delle materie prime sono problemi che ci lasciano sgomenti, perché è una dinamica inattesa e strana, pericolosa per la tenuta dell’economia dell’Europa e forse del mondo intero”, mette in guardia Francesco Liantonio. “Il nostro, però, è un settore sano e maturo, e se pure i bilanci 2022 si rivelassero un po’ “tirati”, saremo comunque in grado di metterceli alle spalle i problemi, puntando sulla sostenibilità e su un riequilibrio finanziario a livello globale, per un futuro più sereno”.

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