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Unici e senza paura del clima che cambia: i vini “estremi” in copertina in Valle d’Aosta

L’edizione n. 31 del Mondial des Vins Extrêmes con 863 etichette provenienti da 26 Paesi di tutto il mondo
MONDIAL DES VINS EXTREMES, VINI ESTREMI, vino, Italia
Il fascino dei vigneti “estremi” (ph: Mondial des Vins Extrêmes Facebook)

I vini “eroici” in copertina in Valle d’Aosta. Prodotti in zone diverse, da vigneti coltivati in alta montagna o a picco sul mare ma anche su rilievi scoscesi e zone impervie, i vini “estremi” esprimono fascino e autenticità ma anche coraggio perché raccontano storie di vita e di amore per un territorio sfuggito all’abbandono grazie alla viticoltura. Vigneti unici che si “arrampicano” ad una altitudine superiore ai 500 metri con pendenze che superano il 30% e con un colpo d’occhio spesso spettacolare tra terrazze, gradoni e piccole isole. Proprio da queste caratteristiche nascono i vini che sono protagonisti del Mondial des Vins Extrêmes n. 31, l’unico concorso internazionale dedicato alla viticoltura eroica, organizzato dal Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana (Cervim) . Un concorso fa parte della Federazione dei Grandi Concorsi Enologici (Vinofed) che raggruppa 15 tra i più importanti concorsi internazionali.
Dal valdostano Prié blanc al giapponese Koshu (per la prima volta, il Giappone è rappresentato, ndr), dal georgiano Rkatsiteli al Dabouki della Palestina. Ed ancora, lo spagnolo Negramoll, la Merweh, antico vitigno del Libano, il Pais vitigno cileno introdotto dai conquistatori spagnoli, il Gellewza alla base dei vini di Malta. Un elenco articolato e variegato dove non mancano i vitigni autoctoni italiani, dal Magliocco al Pecorino, dall’Aglianico al Baratuciat al Biancolella, a comporre la “rosa” dei vini in concorso: in questa edizione ci sono 863 etichette provenienti da 26 Paesi di tutto il mondo.
Ma l’evento è anche l’occasione per fare il punto della situazione su un tema sempre più all’ordine del giorno, quello dei cambiamenti climatici che, per “i vini estremi”, non sono sinonimo di cattive notizie. Anzi. “Cambiamenti climatici non negativi per i vini estremi? Ma diciamolo sottovoce - commenta il presidente Cervim, Stefano Celi - certo, rispetto alla viticoltura di pianura e di collina possiamo ritenerci fortunati: con qualche in grado di temperatura in più le nostre uve ne beneficiano, abbiamo una migliore maturazione e un prodotto finale di maggiore qualità. E nel caso che le temperature medie dovessero aumentare abbiamo sempre la possibilità di salire di quota. Certo, se invece parliamo di siccità, il problema riguarda anche la viticoltura di montagna, come nel caso dello scorso anno. La viticoltura eroica deve fare i conti con costi di manodopera maggiori, basti pensare che per lavorare un ettaro di vigneto in pianura servono 100 ore di lavoro all’anno e per lo stesso ettaro in montagna si va da un minimo di 600 a 1.200 ore annue di manodopera”. Celi ha anche sottolineato come la viticoltura estrema sia “un vero e proprio scrigno della biodiversità. Il 90% dei vini della viticoltura eroica è prodotto con vitigni autoctoni, caratterizzati da terroir unici che segnano indelebilmente i profumi e i sapori. Anche se i vini eroici a livello mondiale valgono solo il 5% della viticoltura, il valore dei vitigni autoctoni non è calcolabile se parliamo di biodiversità e di vini che caratterizzano quel singolo territorio di produzione. Il mercato dei vini estremi cresce in parallelo con il Mondial des Vins Extrêmes: un mercato in Italia e all’estero sempre più interessato a queste produzioni. C’è voglia di nuovi vini ed il consumatore sta rispondendo in modo importante”.

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