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ARTE E VINO

“Uomo e natura sono il patrimonio Unesco delle colline del Prosecco. Non l’arte”. Parola di Sgarbi

Vittorio Sgarbi a ruota libera sul concetto di “arte” nei paesaggi vitivinicoli. “Carlo Petrini fu il primo a vedere la cultura nel mondo contadino”
CONEGLIANO VALDOBBIADENE, PROSECCO, UNESCO, vino, VITTORIO SGARBI, Italia
Vittorio Sgarbi

Nel 2019 le colline del Prosecco, e quindi di Conegliano e Valdobbiadene, con il paesaggio che ospita i filari di Glera e che si estende con alture verticali dal colpo d’occhio unico, testimonianza di come l’interazione tra uomo e natura sappia creare forme d’arte uniche e complesse, sono state riconosciute patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma si può considerare il territorio come una forma d’arte? Secondo il critico d’arte Vittorio Sgarbi (nei prossimi giorni l’intervista su WineNews, ndr), che ha tenuto, oggi, una conferenza informale proprio alle pendici delle colline del Prosecco, a Pieve di Soligo, non si può considerare il territorio come una forma d’arte, ma può essere contemplato solo come natura tout court che in quanto tale è espressione diretta della volontà di Dio.
“Non c’è niente di più comune di essere “unici”. La cosa bella è essere diversi. Specialmente in tempi in cui la normalità non è più uno standard. In questo caso, l’unicità e la tipicità del territorio consistono nel rapporto tra uomo e natura, ovvero come l’intelligenza umana ha saputo interagire con ciò che il territorio ha saputo offrire come, ad esempio, in queste colline del Prosecco oppure come il blocco di marmo di Carrara con cui Michelangelo ha scolpito il David”, dice Sgarbi. Dunque, non arte ma natura: è questo il fulcro del ragionamento del critico, che ha quindi evidenziato come la svolta fondamentale del percorso verso la riscoperta dei territori agricoli italiani in chiave culturale abbia un suo protagonista: Carlo Petrini.
“Quel comunista di Carlo Petrini - scherza Sgarbi - ha inventato le Langhe e il Roero. Fu il primo a capire che cultura e mondo contadino potevano essere intersecate e non continuare ad essere mondi distanti, socialmente ed a livello di classe. Di conseguenza, la tradizione contadina, insieme alla vite, i tartufi e l’enogastronomia di queste zone del Piemonte, hanno portato al riconoscimento Unesco. Per molti anni il mondo contadino è stato contrapposto al mondo della cultura. Era una contrapposizione di classe: ad esempio, nei dialetti, che erano visti, dai ceti più abbienti, come una forma di anticultura. Quando si sono trovati sovrapposti? Grazie a Carlo Petrini. È stato il primo ad introdurre il concetto che c’è cultura nell’agricoltura, dai paesaggi alla vita delle persone che coltivano la terra.”
Ma non si tratta solo di arte, o di natura, di tradizione o altri significati impalpabili: il riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco è anche una questione di economia del territorio, ha proseguito così Sgarbi. “L’Unesco è importante perché fa aumentare gli indici economici del territorio, trasformandolo in un valore comune per l’umanità e fornendo all’intero comprensorio un livello di attrattività turistica importante. Inoltre, l’Unesco è anche un potere superiore alle diatribe che sempre ci sono nella vita locale, come le dispute tra imprenditoria locale e Soprintendenze. Quando un luogo diventa un patrimonio Unesco, improvvisamente diventa immutabile, e nessuno vuole più costruire perché si accetta la decisione imposta dall’alto, sapendo che fa bene a tutto il territorio. In questo senso, anche Asolo deve essere inserito nel patrimonio Unesco”.
Uomo, natura, economia ed agricoltura. Oltre a questi fattori si aggiunge anche l’arte che per Vittorio Sgarbi è una derivazione stessa della natura e di Dio. “Il riconoscimento è merito dell’operosità della popolazione veneta e di chi ha reso queste colline in questa maniera. L’uomo è riuscito a migliorare la natura e questo luogo è benedetto da Dio. Non si può interpretare questo posto come un’opera d’arte ma come pura natura. E l’uomo non ha infierito sul paesaggio, ad esempio con le pale eoliche. La natura parla da sola: dai filari, dalle vigne dall’olio. L’uomo ha lasciato qui che la natura esprimesse se stessa al meglio. Non è un’opera d’arte, ma una testimonianza del rapporto tra uomo e natura. Qui l’arte è corale, creata da agricoltori e contadini che sentono la responsabilità di questo patrimonio. Questa relazione c’è anche nel Chianti o in Sicilia. Qui, nel Veneto, nelle opere ispirate ai paesaggi di Giorgione, Tiziano, e forse Veronese, c’è qualcosa di sensuale, erotico ed intenso. Solo questo paesaggio poteva ispirare quelle opere d’arte, ma queste sono ispirate da Dio. Perché la natura è più importante dell’arte”.

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