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SCENARI E PROSPETTIVE

Vinitaly 2022: la sfida del vino italiano, alla prova del cambiamento dei mercati del mondo

Il mercato tira, nonostante l’aumento dei costi. Ma in mercati strategici, come gli Usa, attenzione al cambiamento generazionale dei consumatori
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Vinitaly: una finestra aperta sui trend e sul mercato del vino Italiano

Cambiano i mercati, con gli Usa che restano al vertice ma vivono un profondo cambiamento generazionale sul quale il vino, anche italiano, deve fare attenzione. Cambia la geopolitica del mondo, con mercati sempre più difficili da presidiare. Con le fiere sempre più strategiche, soprattutto per le piccole imprese. Ed è anche per questo che proprio gli Usa, su quanto già avvenuto con il Brasile e con la Cina, saranno il prossimo Paese in cui Vinitaly by Veronafiere si radicherà con una sua società. Per continuare a coltivare un mercato, quello statunitense, fondamentale (e con il Canada vale il 24% dell’export italiano), con oltre 1,7 miliardi di export.
Ma ci sono tante questioni da affrontare, e per cui serve un sforzo importante anche delle istituzioni, per continuare a sostenere le imprese nel contrastare il più grande problema di oggi, che è l’aumento dei costi di produzione, in parte dovuto a dinamiche reali di mercato complicate dalla guerra tra Russia e Ucraina, ma in parte anche alla “speculazione contro cui non tanto l’Italia, ma soprattutto l’Europa deve muoversi compatta come ha fatto contro il Covid”, ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, sollecitato da un Governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha ricordato come il Veneto, da solo, guidato dal Prosecco (ma non solo), valga oltre 2 miliardi di euro di export: “come dire che, dopo Francia, Italia e Spagna, il Veneto è il quarto esportatore mondiale di vino al mondo”. E, da Verona, una delle capitali del vino del Veneto, riparte, o meglio “parte un nuovo Vinitaly, grazie a tanti investimenti sulle infrastrutture della città che, nei prossimi anni, renderanno questa fiera, che vede in Verona un elemento di identità apprezzato da operatori ed espositori, ancora più centrale per il futuro del vino”. Perchè se le fiere, come ha ricordato il presidente Ice, Carlo Ferro, non solo sono “un volano per l’export, ma sono esse stesse un settore italiano strategico, da internazionalizzare ancora di più”, “saranno sempre più importanti per le tante piccole e medie imprese del vino italiano. Il vino è fatto da 130.000 imprese agricole e 45.000 imprese vinificatrici, vale 14,5 miliardi di euro alla produzione di cui 7,1 di export (+12% su 2021), ma 106 aziende (di cui la metà cooperative) fanno il 60% export. Questo dice come per i piccoli le fiere siano determinanti per non perdere mercato. Senza considerare il fatto che 1 euro investito in fiera ne genera 60 di business e 23 di indotto”, ha detto il presidente Danese.

Oggi, secondo tanti produttori sentiti da WineNews, nonostante le difficoltà legate ai costi, il mercato del vino tira, secondo alcuni come non mai. Ma non si può dormire sugli allori, neanche in mercati consolidati come quello degli Usa, dove, ha evidenziato uno studio dell’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) e Vinitaly, è in corso un cambiamento profondo che mette a rischio molte certezze: “negli anni Sessanta e Settanta del Novecento l’export di vino italiano è iniziato in Usa con il Chianti nel fiasco, poi sono arrivati i Boomers negli anni Ottanta, dove sono esplosi Lambrusco e Verdicchio - ha detto il responsabile dell’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) e Vinitaly, Carlo Flamini - nei tempi in cui si diffondeva Mc Donald’s e nasceva la rivista “Wine Spectator”. Poi da metà degli anni Ottanta si assiste alla crescita del Pinot Grigio, negli anni Novanta al boom dei vini rossi ed affinati in barriques, per arrivare ai primi anni Duemila. Dal 2010 in poi il boom di Prosecco e “red blends”, via via che si sono aggiunte le generazioni più giovani. Ma oggi i dati raccolti, con l’agenzia “Wine Intelligence”, ci dicono che i consumatori abituali di vino crescono solo tra i consumatori più adulti, i Boomers, mentre in tutte le generazioni successive c’è una perdita di consumatori “regolari”, che diventano occasionali. E che guardano prima di tutto a bevande alcoliche che si adattano al loro stile di vita e con un occhio attento al tema della salute. Ed il vino non è tra le loro priorità. Ed è un aspetto con cui tutti i produttori di vino dovranno fare i conti per il futuro”. “Da un lato, dunque, il bicchiere è mezzo pieno - ha detto il dg Veronafiere, Giovanni Mantovani - perchè nel 2021, e nella prima parte del 2022, nonostante tutto, abbiamo visto un rimbalzo del mercato molto forte ed importante. Il bicchiere mezzo vuoto è rappresentato da questa prospettiva generazionale complessa da gestire, per il vino, e anche per questo come fiera, con tutti gli strumenti possibili, saremo sempre più vicini alle imprese del settore”.

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